GLI ALTRI CASSETTI

venerdì 26 ottobre 2007

Il libro che lava più bianco.


È da un po’ che mi riprometto di segnalare Linguaggi e Parole, lo faccio oggi, cogliendo uno spunto dal post di Ribelle: Una riflessione sul mondo letterario odierno. Un pezzo limpido, equilibrato, che dice senza aggressività e con un pacato invito rivolto agli scrittori esordienti alla prudenza. Però non voglio parlare di letteratura, l’ha già fatto lui. Non voglio parlare neppure di scrittura e di editoria: l’ho già fatto varie volte. Oggi voglio affrontare questo discorso in una chiave più diretta: la pubblicità, rompendo una promessa fatta a me stessa sin dall'inizio.

Ogni volta che si parla di libri e di editoria, ricucito con diversa sintassi ma uguali contenuti, tanto da apparire come il restyling di un copiaincolla senza copyright a disposizione di tutti, viene lanciato l’allarme:

Il libro è diventato un prodotto del marketing e della pubblicità!

Cari/e casalinghe di Voghera, quand’è che il libro non è stato un prodotto? Quand’è che non ha avuto un costo? Una volta che il romanzo ha oltrepassato la frontiera dell’arte creativa per buttarsi nel mercato, in cosa esattamente differisce dall’assorbente igienico?

Il libro è un prodotto.

Questo non lo dissacra. Dissacrante, semmai, per la cultura tanto invocata, è l’ostinazione a voler varcare la frontiera a ogni costo. Dissacrante è la guerra che nella blogosfera gli aspiranti scrittori si fanno, cercando notorietà e allo stesso tempo puntando il dito quando qualcuno la ottiene. Dissacrante non è il paragone con l’assorbente igienico, ma lo scoprire che quello (l’assorbente) è molto più evoluto e differenziato del libro.