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domenica 12 maggio 2013

Evoluzioni

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mercoledì 1 ottobre 2008

Chi è più forte vuole avere tutto, anche ragione.

Ieri sera, su La7 nel corso della trasmissione L'infedele, Gad Lerner ha proiettato un video che già mi aveva indignata alla sua prima diffusione su youtube che, al solito, ha preceduto i Media (che, comunque, non hanno speso molte parole, se si escludono i soliti noti). Si tratta di una delle performance di Gentilini (il giullaresco primo cittadino della città di Treviso) a proposito degli immigrati. Ma al di là del video in sé (inquietante, oltre che per l'evidente e impunita posizione razzista anche per una neppure troppo velata apologia del fascismo), credo che una riflessione vada fatta in merito a queste sue parole:

"Quello che io dico è la somma di quello che mi dicono i cittadini. Io sono un grande megafono. Non ho paura di nessuno e dico quello che voglio."

A ben guardare è la sintesi di tutta la strategia politica dell'attuale Governo che prende i luoghi comuni più diffusi e ne fa un baluardo a sostegno di decreti legge (e presunti disegni di legge) che passano sotto al naso di un centrosinistra impotente, quasi totalmente dormiente e perso nell'utopia di un dialogo tanto impossibile quanto inutile.

Intanto, i paladini del Governo si avvicinano al Popolo, ne acquisiscono paure, luoghi comuni, pregiudizi... e se ne fanno portavoce per accreditare come “volute dagli italiani” manovre politiche anticostituzionali, spesso, anche senza ribadirne la specifica utilità ad personam, prive di ogni etica e di ogni rispetto verso l'umanità.
Così, senza altre spiegazioni logiche se non la rispondenza a un modus pensandi variamente diffuso, non interviene, per esempio, con seri programmi di ammodernamento del lavoro basato su processi meritocratici, ma alimenta l'odio/rancore dell'operaio verso il dirigente. Un po' come per Alitalia: piloti e assistenti di volo brutti, cattivi, strapagati che non capiscono che l'operaio ha bisogno anche di quegli ottocento euro garantiti, e che si permettono di gridare in difesa dei loro diritti: Meglio falliti che in mano ai partiti! Ingrati, incapaci di dare un valore adeguato alle notti spese dal Presidente per tessere una cordata italiana. Non istituisce osservatori multietnici, non imposta una rete di mediazione interculturale, né una manovra di controllo dell'imprenditoria che si serve di manodopera nera (per colore e per modalità) ma perseguita gli immigrati che sono già qua – e poco importa se nel calderone ci finiscono anche i cittadini italiani non propriamente "ariani". O se ci scappa il morto. Non fa (prima) un serio programma di integrazione scolastica degli zingarelli, ma li mette in fila (tanto si sa che non sono proprio bambini in tutti i sensi, sono più che altro i futuri delinquenti di domani!) e prende loro le impronte. Nel frattempo il controllo dei documenti dei bambini al seguito di adulti negli aeroporti italiani è pressapoco ridicolo e se un bambino in orario scolastico ti viene a chiedere l'elemosina per strada è “normale”. Non promuove percorsi di integrazione culturale e religiosa, ma impedisce la preghiera ai musulmani, ché nelle Moschee si trama contro lo Stato e contro la sicurezza degli italiani.

Il Vangelo ha, tutto d'un botto, un altro teologo: il politico.
E così Gesù Cristo diventa perfino il mezzo per avvalorare tesi razziste e talvolta spietate. L'ho visto mercificato in varie occasioni, ma come testimonial di una politica razzista, io, il Cristo non me lo figuro per nulla. Saranno pure lontani i tempi in cui frequentavo il catechismo ma mi pare di ricordare che valori come l'accoglienza, l'uguaglianza, la fraternità... mi siano stati insegnati come inderogabili e non diversamente interpretabili rispetto al senso letterario. Ma anche in questo, la risposta del Governo è perfettamente coerente con la cristianità italica fatta di strani miscugli di modi d'intendere casalingo. E la Montagna più che da Maometto va dal suo Cristo.

Per la prima volta, in un Paese democratico e civile, i pregiudizi, anziché essere corretti, trovano un saldo appiglio governativo e diventano veicolo di trasmissione di una strategia ad personam, in un bizzarro do ut des. Tutto ciò è angosciante, tanto quanto l'immagine che ci viene prospettata della maggioranza degli italiani dipinta come un popolo (quello della libertà!) che trascorre i suoi giorni e le sue notti nella fervida attesa che il Suo Presidente venga liberato dai problemi giudiziari che lo affliggono, ché il pover'uomo non può sapientemente guidare il Paese se ogni tre per due qualcuno bussa alla porta per consegnargli un avviso di garanzia! Roba che spezza ogni "core de mamma".

In questo marasma si perde facilmente di vista l'obiettivo e si devia da ogni singolo problema reale, liquidandolo dietro una serie di discussioni sterili. Ammantandolo. Facendogli perdere la sua gravità. E tutto ciò è tanto più pericoloso se si considera che, dopo mesi di dialogo inseguito, l'unico scambio che emerge è il ridicolo “tu sei incapace e tu sei più incapace di me”. Ma in tale ottica l'unità di misura del politico italiano non è “l'incapacità”?

mercoledì 9 luglio 2008

Lettera a Morgan

Caro Morgan,
ho letto la tua lettera a Laura. Quasi per caso, in un intervallo insonne fra la moltitudine di impegni che, da qualche mese, mi tiene lontana dall'unico canale che mi ha regalato, per un po' di tempo (solo un po'), l'illusione di poter contribuire a cambiare l'ordine delle cose.
È una lettera che non mi sorprende per toni e contenuti: ti somiglia. O meglio, somiglia a quella parte di te che, attraverso il web, ho potuto percepire.
Ricordo un nostro “scontro” a proposito dei bamboccioni. Da Remo, mi pare. Io osservavo come sia complesso, oggi, definire semplicisticamente chi decide di restare in famiglia, e come tutte le situazioni abbiano, o possano avere, una loro ratio. Lo penso ancora. Perciò non trovo poco dignitosa la tua scelta di tornare a casa.
Poco dignitoso, invece, è il sistema politico ed economico (due apparati, ahimè, strettamente collegati in questo nostro Paese) che evolve in una crisi sottovalutata, celata nel sottobosco degli umori artefatti da una comunicazione deviante e da una apparenza illustrata da immagini fasulle, dove il disonesto diventa protagonista di un film che tutti finiscono, inevitabilmente, con l'apprezzare o quantomeno ignorare. Fino a una impersonale considerazione per cui “tutto il mondo è paese”. Un modo come un altro per fare spallucce, per non farsi carico di problemi che – ci piaccia o no – coinvolgono tutti e debbono (dovrebbero) trovare spazio nelle nostre riflessioni per il futuro.
Un film nel quale, in fondo in fondo, hai fatto un piacere a molti a toglierti dai piedi, ché l'Italia ha posto sì e no per gli italiani!
Un film che non mi appartiene. Non volontariamente. Non coscientemente. Non razionalmente. Che, però, vivo frame by frame. Del quale, inevitabilmente, sono attrice talvolta e comparsa più spesso, semplicemente respirando.
Mi viene in mente “Saggio sulla lucidità” di Saramago, nel quale anche coloro che avevano espresso il loro voto si ritrovano inseriti in un sistema che li accomuna ai biancosi, rei di aver esercitato il diritto di consegnare scheda bianca. Siamo in un Paese dove l'espressione del voto non ha alcun valore, non perché manchi il senso di democrazia, ma perché manca la democrazia. E manca la capacità di governare. Viene confusa con la possibilità numerica di governare.
Tempo fa, Loredana scrisse un post in cui tracciava il quadro economico di una famiglia italiana: la propria. A rileggerlo, oggi, solo qualche mese dopo, sembra di potervi ravvisare il sogno di molti. Una denuncia di malessere che si fa sogno di vita decente. Un paradosso italiano che non stupisce. Eppure, per me, è un bolo alimentare che non va giù neppure per peristalsi.
Calvino scriveva, in “Lezioni americane”, a proposito della precarietà dei processi, citando – mi pare – Cyrano de Bergerac, che è mancato poco affinché l'uomo fosse uomo, la vita fosse vita e il mondo fosse un mondo. Che nel costruire l'uomo, la materia, tante volte, si è fermata a formare una pietra, un corallo, un fiore... Ecco, ti auguro che, in questo cammino, tu possa cogliere tutti quei particolari e tutte quelle figure necessarie a costruire l'uomo che vuoi essere.
Ti auguro di trovare ciò che cerchi.
Assunta

venerdì 4 luglio 2008

Dire disonesto...

Mi rendo conto, tutto d'un botto, che è scomparso il disonesto.
Dare del disonesto a un imprenditore senza scrupoli, che raggira le leggi a scapito del fisco e dei dipendenti è da ingenui. Costui, oggi, non è un disonesto, ma uno scaltro. Un furbacchione che, perfino, gode dell'ammirazione dei più.
Dare del disonesto a un politico corrotto è da disinformati. Il meglio che ti può capitare è il bonaccione che, con aria fra il commiserevole e il sorpreso, ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: “Ma dove vivi? Ma sul serio non lo sai che è così che va il mondo?!”
Dare del disonesto a un giornalista che fa palese disinformazione, selezionando, accuratamente, i passaggi da trascrivere o mandare in onda per fuorviare e manipolare l'opinione pubblica, è da patetici. Dimostra chiaramente l'incapacità di cogliere i ritmi dell'evoluzione del pensiero e della democrazia.
Dare del disonesto al ladro che ti ha borseggiato in strada è da razzisti, ché non c'è più il bianco e il nero, ma solo l'agognato grigio nel quale si cela il buonismo che è più razzista del razzismo.
Dare del disonesto all'insegnante che arriva in classe con il solo scopo di uscirne un'ora dopo è da ingrati che non capiscono quanto e quale sia il carico di lavoro di questi missionari della cultura.
...
Che bel Paese!
In Italia non ci sono disonesti.

domenica 1 giugno 2008

Abusi domestici? No problem! Sono sgravati dall’ICI.



Gli impegni presi in campagna elettorale, si sa, in questo Paese e da cotanto Premier, vanno rispettati: sull’ICI non si discute. Gli sgravi fiscali «saranno assolutamente coperti»: lo ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Dove prende, il ministro, i fondi a copertura? Semplice: taglia fondi già stanziati e destinati al trasporto locale, all’occupazione, all’ammodernamento della rete idrica nazionale, al recupero dei centri storici e, naturalmente, taglia il superfluo: venti milioni destinati ai centri antiviolenza per le donne.

I dati parlano chiaro - sempre che a qualcuno interessino sul serio -: su 14 milioni di donne che hanno subito e subiscono violenza in Italia, per 3 milioni di esse tali abusi si manifestano all’interno delle mura domestiche. Per molte l’unica via di scampo sono i centri e le reti antiviolenza.
Che dire? Le donne hanno, ancora una volta, firmato una cambiale in bianco e le cifre si stanno assottigliando. Evviva lo sgravio ICI: d’ora in poi gli abusi e le prepotenze subiti fra le mura domestiche saranno esenti da tasse!

domenica 18 maggio 2008

Randagi, il tempo, e altro ancora.

È on line il settimo numero di Randagi. Quando ho dato il via a questa iniziativa non credevo di arrivare fin qui. Randagi raccoglie racconti interessanti, diversi per tono, atmosfere, stile… A me piace immaginarlo come una sequenza di sensazioni. Le metto in fila e le scompongo. Rileggendo mi sono accorta che, quasi senza volerlo, i racconti si integrano fra loro. Si raccolgono da sé in un contesto di pensieri che va oltre lo scrittore. Oltre la scrittura, anche. Vivono a prescindere dal resto. Randagi, appunto. Ringrazio chi ha inviato e continua a inviare racconti, chi li ha letto e li leggerà.

I contributi di questo settimo numero [file pdf, 408 kb] vengono da:
Marco Bertollini – Pura Vita
Milvia Comastri – Stella
Elys (+) - Amami

Ci sono cose interessanti in giro. Mi piace, ad esempio, l’iniziativa di Sabrina Campolongo, Francesca Mazzucato e Barbara Gozzi: Declinate al femminile.
Leggo, da Barbara Garlaschelli, questa frase che condivido: “Siccome dalla storia dovremmo imparare (cosa che non accade praticamente mai) e, soprattutto, la storia oltre che conoscerla, NON dovremmo scordarla…”
Poi, una segnalazione che avrei voluto fare già da qualche tempo: un urlo, una poesia di Cristina Bove che un po’, in questo periodo, esprime un mio stato d’animo. E un’altra sua poesia che traggo – scusandomi per non aver chiesto il consenso – dal suo libro Fiori e Fulmini”.

E se…
E se fossi già morta?
Se varcata la soglia temporale
di coordinate quantiche
per un dolore che non potei reggere
fossi costretta a fingere
d’essere viva in questa
dimensione?
E tutti i miei frammenti
all'infinito
come specchi frantumi
di un intero
saltassero negli atomi
da questo a un universo
parallelo?

sabato 3 maggio 2008

L'Italia e i Presidenti dell'Informazione: Santoro ha fatto ancora il cattivo.

Nel corso della videochat con il Corriere, fra le varie gaffe, Berlusconi sentenzia il secondo editto bulgaro: «Michele Santoro fa ancora un uso criminale della televisione». Non dissimile il parere del presidente della Rai, Petruccioli, nella nota letta nei TG: «Ieri sera (trasmissione Anno Zero, 1° maggio, n.d.r.) Michele Santoro ha di nuovo messo il Servizio Pubblico Radiotelevisivo a disposizione di Beppe Grillo; il quale dagli schermi della Rai ha rivolto insulti inconcepibili e privi di qualunque giustificazione al Presidente della Repubblica, oltreché ad una personalità universalmente stimata come il Professor Umberto Veronesi. Il danno, l’umiliazione e la vergogna che vengono al Servizio Pubblico da questi episodi, sono incalcolabili per la mia funzione e personalmente ne faccio ammenda e prendo impegno nell’ambito delle mie responsabilità a fare tutto il possibile per impedire che qualcosa del genere possa ripetersi».

Avrei desiderio di partire dall’art. 21 della Costituzione Italiana ma, per non stressare i lettori, mi limito a fare osservazioni da comune cittadina.

Sulla nota del presidente della Rai, è facile osservare che la grande castronata sta nel fatto che Grillo non ha detto quello che ha detto (comunque la si pensi sui contenuti) dagli schermi della Rai, ma da una pubblica piazza a 40-50-100 mila persone (il numero, tutto sommato, non è importante). Quindi la nota di Petruccioli pecca perfino nella forma, oltre che nella sostanza. Beppe Grillo ha fatto affermazioni che un giornalista ha riportato, semplicemente esercitando il suo diritto di informare i cittadini, che - secondo lo stesso Sgarbi - sono in grado di scernere il bene dal male tanto che "...la destra vince lo stesso". Semmai le offese dagli schermi della Rai sono venute da Sgarbi, sotto gli occhi di tutti. Sarà che Darwin aveva ragione?


Riuscendomi alquanto difficile comprendere quale sia l’IDEA DI TELEVISIONE PUBBLICA del neo presidente Silvio Berlusconi ho cercato, nella memoria personale e nella straordinaria memoria di Internet, qualche risposta:

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve consentire al politico, soprattutto se di Forza Italia, di dire solo quello che vuole ed eludere le domande dei giornalisti;

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve somigliare alle Televisioni Private di Berlusconi dove i panni sporchi e le incoerenze dei politici non si portano sul grande schermo;

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve deviare l’attenzione dando al cittadino “quello che vuole” e chi se ne frega se nel frattempo si dovrebbe focalizzare l’attenzione sul processo in cui si sta accertando la corruzione del premier;

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve ignorare le Sentenze della Corte Costituzionale;

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve pagare coi soldi dei contribuenti le veline in esubero di Mediaset;

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi deve dare agli italiani quel che è degli italiani (due trasmissioni al prezzo di uno!) o alimentare gli unici sogni divenuti possibili (ché nella vita quel che conta veramente è andare in TV!);

[?] forse la Televisione Pubblica di Berlusconi …

Forse il concetto di Televisione di Berlusconi è quello del piduista Silvio Berlusconi (che, a proposito del suo tesseramento ha dichiarato il falso in tribunale, e provvidenziale è stata l'amnistia), come del resto, più volte, ha, fingendo indignazione verso l’amico Silvio, detto il Venerabile: «Avevo già scritto tutto!», «Berlusconi, ha preso il nostro piano di rinascita e lo ha copiato quasi tutto».

A proposito della Stampa e della Televisione, il piano di rinascita della P2 prevedeva la necessità di “acquisire alcuni settimanali di battaglia, coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso un’agenzia centralizzata, coordinare molte TV via cavo con l’agenzia per la stampa locale, dissolvere la Rai in nome della libertà d’antenna; punto chiave è l’immediata costituzione della TV via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese”.

Profetico, no?