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domenica 14 gennaio 2007

Io, il muro di gomma.

Muro di gomma, per fortuna. Muro contro il quale non cozzano ma rimbalzano i luoghi comuni che non risparmiano nessuno, che, inevitabilmente, ti piovono addosso come per ricordarti che la banalità non ha frontiere e barriere. Ti arriva in grembo e la devi partorire.
Così, oggi, di fronte a quella domanda che non so quante volte mi sono sentita ripetere negli anni, credo di aver dato il peggior esempio di banalità. E forse per sentirmi meno piatta, meno sterile, eccomi a scriverne.
“Tu che te ne occupi professionalmente, cosa pensi della pubblicità?”
Eccola qua. Con una certa ciclicità “la domanda” avanza verso di me. A volte cela la saccenza di chi pensa di affrontare un argomento intelligente, a volte tradisce la speranza di chi sogna di lavorare in questo pazzo mondo, a volte urla l’ottusità di chi chiude gli occhi di fronte alla realtà dimenticando che è meglio vivere nel mondo e non contro il mondo… altre volte suggerisce l’accorta pacatezza di un’opinione sinceramente ispirata a una patetica involuzione che ci vorrebbe figli di Rousseau.
La mia reazione, oggi, è stata quella di dirottare il discorso su altre tematiche perché, molto sinceramente, di parlare con la vicina, in corridoio, di responsabilità sociali della pubblicità o, peggio, di intraprendere con lei una conversazione sui persuasori occulti non avevo alcuna voglia. Né mai ne avrò, a dire il vero.
Così, ho abbracciato, inevitabilmente, la croce della banalità e mi sono complimentata per il meraviglioso albero natalizio. “Un peccato disfarlo, vero signora?”. Ed eccola lì, subdola, viscida, strisciare piano piano e far capolino: la vanità. “Grazie. Se crede il prossimo anno posso darle qualche consiglio su dove acquistare dei meravigliosi addobbi.”
Come no? Avrei voluto risponderle, e invece ho annuito con un sorriso a denti stretti, ho lasciato scivolare furtivamente la mano nella borsa e come stupita dalla materializzazione nella mia mano della chiave di casa, ho sciorinato una faccia perplessa per la necessità resasi impellente di salutare e sono scappata via.
Ma come si può pensare che una che si occupa di pubblicità per dodici ore al giorno abbia voglia di parlarne nei pochi momenti di pace? E quindi, benvenuta banalità, per questa volta sei stata un’ottima compagna di avventura.