GLI ALTRI CASSETTI

mercoledì 9 luglio 2008

Lettera a Morgan

Caro Morgan,
ho letto la tua lettera a Laura. Quasi per caso, in un intervallo insonne fra la moltitudine di impegni che, da qualche mese, mi tiene lontana dall'unico canale che mi ha regalato, per un po' di tempo (solo un po'), l'illusione di poter contribuire a cambiare l'ordine delle cose.
È una lettera che non mi sorprende per toni e contenuti: ti somiglia. O meglio, somiglia a quella parte di te che, attraverso il web, ho potuto percepire.
Ricordo un nostro “scontro” a proposito dei bamboccioni. Da Remo, mi pare. Io osservavo come sia complesso, oggi, definire semplicisticamente chi decide di restare in famiglia, e come tutte le situazioni abbiano, o possano avere, una loro ratio. Lo penso ancora. Perciò non trovo poco dignitosa la tua scelta di tornare a casa.
Poco dignitoso, invece, è il sistema politico ed economico (due apparati, ahimè, strettamente collegati in questo nostro Paese) che evolve in una crisi sottovalutata, celata nel sottobosco degli umori artefatti da una comunicazione deviante e da una apparenza illustrata da immagini fasulle, dove il disonesto diventa protagonista di un film che tutti finiscono, inevitabilmente, con l'apprezzare o quantomeno ignorare. Fino a una impersonale considerazione per cui “tutto il mondo è paese”. Un modo come un altro per fare spallucce, per non farsi carico di problemi che – ci piaccia o no – coinvolgono tutti e debbono (dovrebbero) trovare spazio nelle nostre riflessioni per il futuro.
Un film nel quale, in fondo in fondo, hai fatto un piacere a molti a toglierti dai piedi, ché l'Italia ha posto sì e no per gli italiani!
Un film che non mi appartiene. Non volontariamente. Non coscientemente. Non razionalmente. Che, però, vivo frame by frame. Del quale, inevitabilmente, sono attrice talvolta e comparsa più spesso, semplicemente respirando.
Mi viene in mente “Saggio sulla lucidità” di Saramago, nel quale anche coloro che avevano espresso il loro voto si ritrovano inseriti in un sistema che li accomuna ai biancosi, rei di aver esercitato il diritto di consegnare scheda bianca. Siamo in un Paese dove l'espressione del voto non ha alcun valore, non perché manchi il senso di democrazia, ma perché manca la democrazia. E manca la capacità di governare. Viene confusa con la possibilità numerica di governare.
Tempo fa, Loredana scrisse un post in cui tracciava il quadro economico di una famiglia italiana: la propria. A rileggerlo, oggi, solo qualche mese dopo, sembra di potervi ravvisare il sogno di molti. Una denuncia di malessere che si fa sogno di vita decente. Un paradosso italiano che non stupisce. Eppure, per me, è un bolo alimentare che non va giù neppure per peristalsi.
Calvino scriveva, in “Lezioni americane”, a proposito della precarietà dei processi, citando – mi pare – Cyrano de Bergerac, che è mancato poco affinché l'uomo fosse uomo, la vita fosse vita e il mondo fosse un mondo. Che nel costruire l'uomo, la materia, tante volte, si è fermata a formare una pietra, un corallo, un fiore... Ecco, ti auguro che, in questo cammino, tu possa cogliere tutti quei particolari e tutte quelle figure necessarie a costruire l'uomo che vuoi essere.
Ti auguro di trovare ciò che cerchi.
Assunta

venerdì 4 luglio 2008

Dire disonesto...

Mi rendo conto, tutto d'un botto, che è scomparso il disonesto.
Dare del disonesto a un imprenditore senza scrupoli, che raggira le leggi a scapito del fisco e dei dipendenti è da ingenui. Costui, oggi, non è un disonesto, ma uno scaltro. Un furbacchione che, perfino, gode dell'ammirazione dei più.
Dare del disonesto a un politico corrotto è da disinformati. Il meglio che ti può capitare è il bonaccione che, con aria fra il commiserevole e il sorpreso, ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: “Ma dove vivi? Ma sul serio non lo sai che è così che va il mondo?!”
Dare del disonesto a un giornalista che fa palese disinformazione, selezionando, accuratamente, i passaggi da trascrivere o mandare in onda per fuorviare e manipolare l'opinione pubblica, è da patetici. Dimostra chiaramente l'incapacità di cogliere i ritmi dell'evoluzione del pensiero e della democrazia.
Dare del disonesto al ladro che ti ha borseggiato in strada è da razzisti, ché non c'è più il bianco e il nero, ma solo l'agognato grigio nel quale si cela il buonismo che è più razzista del razzismo.
Dare del disonesto all'insegnante che arriva in classe con il solo scopo di uscirne un'ora dopo è da ingrati che non capiscono quanto e quale sia il carico di lavoro di questi missionari della cultura.
...
Che bel Paese!
In Italia non ci sono disonesti.