GLI ALTRI CASSETTI

martedì 30 gennaio 2007

Divieto d'accesso alla superficialità.


Non me la sento di domandarmi e domandare se sia giusto morire a sedici anni per una disattenzione.
Federica aveva l’età di mia figlia e, immagino, la stessa voglia di conoscere la vita, addentrarvisi, sfidarla, stupirla… Non lo potrà fare. Non potrà rileggere i suoi diari pieni di strani amori e "che figo, che figo, che figo...". Non potrà ricordare la sua adolescenza e sorriderne. Vi è rimasta incastrata dentro, senza accorgersene, senza poter almeno capire che qualcuno stava tradendo la sua fiducia nel mondo. Quella fiducia, quell’ottimismo realistico che è un trend tipico della sua età.
Quanto ci costa questa superficialità diffusa? Si può quantificare il valore della vita umana?

Ma, forse, oggi sono già altre le priorità.

sabato 27 gennaio 2007

Desiderio

Desiderio: è il titolo di questo quadro di Massimo Mazzieri, un amico di cui apprezzo soprattutto la capacità, rara (è da riconoscere), di esprimere con la sua arte l'emozione del linguaggio universale dell'anima: la tesi, l'antitesi e la sintesi.
Apprezzo molto le sue opere, la ricerca dell'innovazione tecnica, le linee che si fanno spazio nella confusione della vita.
Mi piace, in modo particolare, Desiderio (collezione Energia), vi ci vedo la linfa vitale che scorre nelle viscere della terra, quel desiderio di esistere ma non “a tutti i costi”, non “per il solo fatto di respirare”, quanto per sentire se stesso parte dell'universo o di un universo. C’è anche del distacco, tuttavia. Come se energia e desiderio – pur essendo in noi – debbano essere ricercati e voluti, non essendo disponibili in superficie.

domenica 21 gennaio 2007

PACS: il meglio è nemico del bene.

Pacs (patto civile di solidarietà) - traducendo letteralmente dal francese - è un contratto fra due persone maggiorenni, di sesso differente o dello stesso sesso, per organizzare la loro vita in comune. Dà diritti e obblighi ai contraenti.
Tutto questo a me pare assolutamente ragionevole. Conosco molte coppie conviventi che condividono l’affitto o il mutuo, le bollette e la spesa, le chiacchiere e le beghe condominiali, il giardino quando c’è… Alcuni di loro probabilmente coroneranno il "sogno matrimoniale" e consolideranno davanti a Dio o davanti a un pubblico ufficiale la loro unione. Altri, presumibilmente, continueranno la loro convivenza esattamente così com’è. Dal punto di vista laico (come deve essere quello politico) differenze sostanziali fra le scelte, tutto sommato, io non ne vedo e pertanto non mi riesce affatto difficile porle sullo stesso piano e farne derivare medesimi diritti e obblighi. Né, sinceramente, credo che penserebbe differentemente la maggior parte della popolazione italiana, se non fosse che il tema Pacs è stato fortemente strumentalizzato, manipolato e ricondotto quasi esclusivamente alla “regolarizzazione delle coppie gay” che, peraltro, sono una minoranza rispetto alle coppie etero che vedrebbero “regolarizzata” la loro posizione.
Da un lato mi pare che le coppie etero non si facciano sentire abbastanza: si vedranno private della loro “piccola rivoluzione culturale”? D’altro lato mi pare che i gay abbiano attaccato il carro a un cavallo troppo veloce per loro: devono ancora fare i conti con una società bacchettona che li definisce diversi, pervertiti, froci… e parlano di riconoscimento della coppia e di pensione di reversibilità?
Come al solito, il meglio è nemico del bene: non sarebbe forse stato più semplice affrontare il dibattito step by step? Partendo dalla regolarizzazione delle coppie etero, poi estendendola ai gay, in forza (niente di meno!) di una norma costituzionale che ci vuole non discriminati per ragione di sesso. Non si sarebbe forse raggiunto un risultato condivisibile?
Complimenti, almeno nel farci prendere per i fondelli siamo davvero tutti uguali: etero e gay.

Rispetto e seduzione

Mi hanno insegnato che i libri vanno rispettati. Ma solo con gli anni ho imparato a rispettarli veramente.
Mi hanno insegnato che i libri non vanno scarabocchiati, non vanno strappati, non vanno buttati, non vanno sciupati… Ma ho imparato, leggendo, che è meraviglioso sottolineare i passaggi che mi colpiscono e che mi rimarranno dentro per sempre, anche quando dimenticherò l’autore e il titolo; che è bellissimo rileggere dopo anni i commenti riportati a matita, o con penne colorate.
Ho imparato che non fa niente se le pagine ingialliscono, se l’acqua caduta dal bicchiere provoca strane onde che aumentano il volume e privano il libro della sua forma regolare, se il caffè del mattino lascia una piccola traccia di sé.
Ho imparato che i libri si possono buttare quando non te ne frega niente e non ti danno niente.
Ho imparato che un libro letto non va mai sciupato, anche quando le pagine sono strappate, tagliuzzate o addirittura mangiucchiate (!).
Un libro mi dà ciò che riesco a prendere. Dipende dal momento. Dipende da me.
Penso a certi libri, rimasti per anni in libreria o sul comodino e poi, quando i tempi erano maturi, letti d’un fiato e poi riletti con calma perché mi pareva di aver bruciato, nella lettura folle, emozioni che volevo provare e riprovare.
Penso a certi incontri in libreria: il profumo, i colori, il tatto, la seduzione delle parole. Adoro farmi sedurre dalle parole di un libro.

sabato 20 gennaio 2007

La ballata del Governo che fu.

Sono solo io a sentirmi stretta nella morsa di un succedersi di Governi senza un vero progetto se non quello di mettere alla gogna quello precedente?
Ho abbandonato, al suo nascere, l’utopia che la maggioranza rosicata avrebbe portato a una seria riflessione politica sulla gestione del Paese, sebbene avrei – naturalmente – gradito che i nostri politici avessero messo al primo posto il bene dei cittadini e avessero tenuto conto che l’equilibrata spaccatura della popolazione richiedeva una cauta attenzione nell’elaborazione delle manovre: unione innanzitutto, unione a ogni costo. Solo un pensiero, un sogno di un momento. Utopia, appunto. È stato subito chiaro che, ammesso che il Centrodestra riconoscesse mai al Centrosinistra la legittimità di governare, avrebbe fatto di tutto per far cadere il neo-governo il più in fretta possibile, per tornare al potere.
La ballata del “tu sei ladro e tu sei più ladro di me”, “tu sei scemo e tu sei più scemo di me”, “tu sei coglione e tu sei più coglione di me”… ha avuto immediato inizio, senza limiti, senza sconti, senza dignità.
E proprio quando ero oramai persuasa che giammai Centrodestra e Centrosinistra avrebbero capito l’importanza di sostenere vicendevolmente progetti fondamentali per la crescita del Paese, ecco la smentita: Berlusconi dichiara che appoggerà il Governo, prestando i suoi voti per rifinanziare la missione in Afghanistan, salvo richiedere che Prodi “tiri le somme politiche della vicenda”. E nessuno che gli dica: cavaliere ma lei ha lasciato il cervello sul comodino? Non solo ci stiamo scannando per portare a compimento un suo impegno, dovremmo anche ringraziarla per questo? dimetterci per questo?
Al contrario: gli americani vogliono una base più grande? Gliela diamo perché Berlusconi gliela aveva promessa. C’è da rifinanziare la missione in Afghanistan? La rifinanziamo perché Berlusconi l’aveva previsto. E chi non ha votato per Berlusconi proprio perché non condivideva queste scelte? Come la mettiamo con loro? Fregati comunque vadano le cose, mi pare.

E noi siamo solo spettatori – fortemente paganti – di una barzelletta in diretta. Né ci è concesso interagire con chi – naturalmente – agisce per i nostri interessi, per il nostro bene, per il nostro futuro. E poco importa se non condividiamo. Anzi non importa affatto.

domenica 14 gennaio 2007

Io, il muro di gomma.

Muro di gomma, per fortuna. Muro contro il quale non cozzano ma rimbalzano i luoghi comuni che non risparmiano nessuno, che, inevitabilmente, ti piovono addosso come per ricordarti che la banalità non ha frontiere e barriere. Ti arriva in grembo e la devi partorire.
Così, oggi, di fronte a quella domanda che non so quante volte mi sono sentita ripetere negli anni, credo di aver dato il peggior esempio di banalità. E forse per sentirmi meno piatta, meno sterile, eccomi a scriverne.
“Tu che te ne occupi professionalmente, cosa pensi della pubblicità?”
Eccola qua. Con una certa ciclicità “la domanda” avanza verso di me. A volte cela la saccenza di chi pensa di affrontare un argomento intelligente, a volte tradisce la speranza di chi sogna di lavorare in questo pazzo mondo, a volte urla l’ottusità di chi chiude gli occhi di fronte alla realtà dimenticando che è meglio vivere nel mondo e non contro il mondo… altre volte suggerisce l’accorta pacatezza di un’opinione sinceramente ispirata a una patetica involuzione che ci vorrebbe figli di Rousseau.
La mia reazione, oggi, è stata quella di dirottare il discorso su altre tematiche perché, molto sinceramente, di parlare con la vicina, in corridoio, di responsabilità sociali della pubblicità o, peggio, di intraprendere con lei una conversazione sui persuasori occulti non avevo alcuna voglia. Né mai ne avrò, a dire il vero.
Così, ho abbracciato, inevitabilmente, la croce della banalità e mi sono complimentata per il meraviglioso albero natalizio. “Un peccato disfarlo, vero signora?”. Ed eccola lì, subdola, viscida, strisciare piano piano e far capolino: la vanità. “Grazie. Se crede il prossimo anno posso darle qualche consiglio su dove acquistare dei meravigliosi addobbi.”
Come no? Avrei voluto risponderle, e invece ho annuito con un sorriso a denti stretti, ho lasciato scivolare furtivamente la mano nella borsa e come stupita dalla materializzazione nella mia mano della chiave di casa, ho sciorinato una faccia perplessa per la necessità resasi impellente di salutare e sono scappata via.
Ma come si può pensare che una che si occupa di pubblicità per dodici ore al giorno abbia voglia di parlarne nei pochi momenti di pace? E quindi, benvenuta banalità, per questa volta sei stata un’ottima compagna di avventura.

sabato 13 gennaio 2007

Profumo di libertà

I ricordi sono imprevedibili. Ti colgono di sorpresa e a volte non sai neppure perché riaffiorano con così tanta irruenza.
Ero nel Sahara e stavo cavalcando un cammello giovane e perciò ribelle. Non era ancora convinto di voler essere cavalcato. Non era ancora convinto che il suo cammino dovesse essere guidato dalle redini di cuoio che palesemente lo infastidivano.
Mi chiesero se volessi un'altra bestia: madame, nous avons une autre possibilité...
Coment il s'appelle? domandai.
La guida, un tunisino non troppo scuro né troppo chiaro, con due occhi nerissimi e un sorriso perennemente stampato sulla faccia annoiata, mi guardò stranito e mi rispose: Thomas (o qualcosa del genere, io capii Thomas). Je m'appelle Thomas.
No, no... risi, je ne veux pas savoir votre nom, monsieur. Comment il s'appelle? e indicai l'animale. Non mi ricordavo come si dice "cammello" in francese e a pensarci bene non lo so affatto. La guida mi guardò ancora più stranito (forse pensava che ero un'italiana pazza!) e alzando le spalle mi rispose: Je ne sais pas, madame. Je ne sais pas...
Quel giovane cammello non aveva un nome, s’inginocchiava di malavoglia per consentire la cavalcatura e seguiva i comandi con palese distrazione. Profumava ancora di libertà.
Decisi di tenerlo. Pensai che non si deve mai abbandonare qualcuno perché profuma di libertà.

venerdì 12 gennaio 2007

Il vicino ci disturba? Sgozziamolo.

Si è detto e scritto così tanto che mi sono chiesta se era il caso di aggiungere altre parole. Penso di sì.
Penso, innanzitutto, che una strage come quella di Erba non possa e non debba diventare un facile strumento politico. Ho letto e sentito che è colpa di Berlusconi e del Governo di destra che, soprattutto attraverso la Lega, fomenta l’odio razziale. Per quanto io ritenga che siano varie le colpe di Berlusconi e del suo governo (ma ben diverse dalle infamie sentite in questi giorni), per quanto non condivida le linee ideologiche leghiste, per quanto ritenga che tanto ci sarebbe da dire in proposito, trovo assurdo aderire allo show di questa politica che non si ferma neppure di fronte a una tragedia così devastante per l’intero Paese.
Penso che un atto così gratuitamente crudele non possa e non debba diventare un facile strumento mediatico. Ho seguito trasmissioni, ho letto giornali, ho ascoltato la radio… ho assistito impotente a una corsa al dettaglio, come se cambiasse qualcosa appurare i particolari di tale efferatezza, come se non fosse sufficiente la morte di tutta quella gente.
Penso che la crudeltà e la fredda premeditazione di una strage non possa e non debba diventare un facile strumento di analisi psicologica. Ho sentito da più parti psicologi e pseudo-psicologici avanzare ipotesi, opinioni, supposizioni… che, perlopiù, individuano nella mancanza di maternità dell’assassina una delle possibili cause, come se dovessimo guardarci le spalle da ogni donna sterile.
Soprattutto, penso che non possiamo e non dobbiamo dimenticare che tutto questo è accaduto nel nostro cortile. Nel cortile di un’Italia che, evidentemente, deve rivedere le sue priorità in materia di tolleranza, di rapporti, di sentimenti. Nel cortile di un’Italia devastata, colpita nel cuore, massacrata da due assassini freddi e crudeli, senza attenuanti, senza sconti che ci hanno tolto anche quell’ultima speranza di fiducia nel prossimo, che ci costringeranno a guardare con occhi sospetti la tranquilla signora della porta accanto.
E mentre la Giustizia farà il suo lento, burocratico corso, mentre i media stresseranno la notizia fino a non poterne più, fino a quando la vivremo alla stessa stregua di un intermezzo pubblicitario nel bel mezzo di un film, mentre i politici piangeranno lacrime fasulle e i preti parleranno di un improbabile perdono…io accuso questi criminali di avermi ferita nella mia quotidianità. Di avermi tolto la serenità del rientro a casa.

lunedì 8 gennaio 2007

Apocalypto: specchio primordiale del potere attuale.


La storia di per sé è banale. Come probabilmente ci apparirebbe la lettura di un qualunque racconto di vita primordiale.
Anche i dialoghi sono piuttosto semplici, ad esclusione della rappresentazione che il vecchio saggio fa del mondo futuro e della profezia pronunciata dalla bambina.
D’altronde non credo che la capacità linguistica, le esperienze, le consapevolezze storiche consentissero un dialogo più articolato. In effetti, tutto ruotava – e ruota nel film – attorno al territorio, alla caccia, alla procreazione, alla lotta per la vita. Uomini in condizione “ferina”: violenti? Certamente, ma si tratta di quella medesima violenza di cui non oseremmo “incolpare” un ghepardo, un leone, una pantera…senza cadere nel ridicolo. Uomini preda: correre, combattere, uccidere per salvarsi la vita, per garantire la sopravvivenza del gruppo, la prosecuzione della specie. Uomini cacciatori: correre, combattere, uccidere per garantirsi il diritto di un nuovo giorno.
Per rispondere alle polemiche dei giorni addietro, dico che di veramente atroce in questo film vi è solo la feroce similitudine con la violenza del potere attuale. E mentre perdiamo tempo a condannare un film, persone vere vengono realmente uccise in una guerra senza senso, bambini vengono lasciati soli innanzi a videogame che assegnano il massimo dei punti a stupratori e assassini e rapinatori, il video di un’esecuzione circola quasi senza difficoltà, e il presidente dello stato più potente del mondo identifica impunemente nell’esecuzione del rais la pietra miliare della democrazia occidentale.

domenica 7 gennaio 2007

Nascere a Napoli è una condanna

Amo Napoli e nutro un affetto profondo per i napoletani. Presumo perché mi è capitato, da bambina, di trovarmi all’estero, in una realtà completamente sconosciuta e se non fosse stato per alcuni napoletani forse non avrei imparato a difendermi, a sentirmi orgogliosa di essere italiana. Inconsciamente mi sento in debito con questo popolo che ha la capacità unica al mondo di farti sentire parte di un sentimento, di una famiglia, di un’emozione.
È una città che conosco bene. Alcuni anni fa ci andavo spesso, organizzavo attività che davano lavoro, per una settimana ogni sei mesi, a molte decine di persone. Giovani a cui – erano loro a dirmelo – non pareva vero di poter lavorare onestamente.
Ma questa onestà aveva un suo prezzo: il doveroso, silente, codardo accettare quella logica di camorra che accomuna tutti inevitabilmente. I tassisti di Santa Lucia che utilizzavamo per i nostri spostamenti (circa una decina) avevano creato un loro “clan”, all’interno del quale non lasciavano entrare nessun altro. Lo scoprii per caso perché una sera presi un taxi qualunque e il tassista (un ragazzo giovane) mi chiese come fare per lavorare per noi. Gli feci presente che in genere erano i nostri tassisti di fiducia a presentarci i loro colleghi. “Ma quali colleghi, dottore’…quelli solo agli amici loro fanno lavorare”, accentuando la parola amici, certo che avrei capito.
Ora, posso dire con qualche certezza che almeno quei tre o quattro tassisti che ho conosciuto bene, sono brava gente. Non hanno nulla a che vedere con la camorra. Questo fa riflettere su quanto le logiche mafiose siano parte del tessuto culturale di questa città. A Napoli sei qualcuno se fai parte del Sistema. E se non ne fai parte è bene, comunque, che gli altri lo pensino. Con la loro intelligenza, quei tassisti napoletani ci ripagavano con l’unica moneta di scambio che conoscevano utile per noi che venivamo dal Nord: la protezione. “Stai sicura signori’ … se stai con me non ti succede niente!”.
Nascere a Napoli è una condanna.
Io stessa ho potuto constatare la voglia di scappare di molti giovani. Andare via, senza altro progetto se non quello di andare via. E quando accade che un giovane vada via, la gente gli si stringe attorno e senza domandare perché, dove, a fare cosa…gli urla: buono, fai buono. E in quest’urlo è celata tutta la disperazione di chi resta nel groviglio. Nascere a Napoli è una condanna. Direttamente per i Salvatore Giuliano condannati per dovere di nascita a non avere scelta, a sperare di sfuggire ancora ad agguati per la conquista del potere. Indirettamente per le Annalisa Durante violentate da un Sistema che non garantisce sicurezza neppure ai bambini e ai ragazzini. Indirettamente per i don Peppino Diana trucidati da un sistema che non accetta un confronto alla pari. Indirettamente per i parenti, gli amici, i conoscenti delle vittime di camorra costretti a rinnegare la verità, a farla morire nei ricordi, a stringersela al petto e perdonarsi facendo spallucce e dicendo “qui è così che vanno le cose”, o peggio sentirsi protagonisti, avere l’occasione di mostrarsi al Sistema in tutta la loro fedeltà e sperare così in quella protezione ambita che basta un nulla per perdere, perché la camorra non ha sentimenti.

sabato 6 gennaio 2007

Impiccagione di Saddam: lo show.

Da più parti mi sono arrivati messaggi, link, altro… che invitavano ad assistere in prima fila all’esecuzione di Saddam. Non ho guardato il filmato. Trovo atroce la spettacolarizzazione della morte. L’uomo è l’unico primate che, uccidendo e torturando membri della propria specie ne trae soddisfazione. Penso che una dose di responsabilità l’abbia soprattutto il media tv. Sicuramente la responsabilità di non aver saputo interpretare il dolore. Siamo di fronte alla massificazione dei sentimenti: amore, odio, dolore…tutto è parte di un interminabile show. Non c’è tempo per assaporare la gioia, non c’è tempo di metabolizzare un lutto. Tutto scorre secondo il ritmo commerciale del palinsesto.
Ho vissuto la guerra in Iraq come un fatto personale e forse per questo non riesco a vedervi solo numeri e show. I numeri sono soldati morti: figli, padri, mariti, fratelli, amici, colleghi…e madri, sorelle, figlie, amiche… e bambini e bambine, scolari, festosi piccoli uomini e piccole donne che dovrebbero rubare la cioccolata e rincorrere uno stupido pallone da calciare. Non dovrebbero essere corpi trucidati, senza vita, senza più sogni, speranze.
Nessuno ha il diritto di togliere la vita a un altro essere umano. E non posso pensare di essere spettatore di un’esecuzione, quand’anche si tratti di una morte spesso augurata, spesso anelata, spesso considerata fondamentale.

venerdì 5 gennaio 2007

Cazzeggio


Questo è uno spazio free, dove tutto è concesso, senza doversi attenere a un post, a un titolo, a una tematica.
E' lo spazio dedicato al cazzeggio.
Ogni volta che vi verrà voglia di scrivere qualcosa, qualsiasi cosa: un saluto, un commento, un pensiero, un insulto, un complimento... potrete farlo.
Un abbraccio a tutti.

lunedì 1 gennaio 2007

E-book

Clicca e scarica

Quelli della mia specie è un romanzo a puntate, un e-book in costruzione che sta prendendo corpo giorno dopo giorno. Può essere seguito di volta in volta, di storia in storia, sul Blog oppure scaricato nella più comoda versione in pdf.

Esercizi di Scrittura

E.d.S. ---01---

E.d.S. ---02---

Racconti

La piccina innamorata

Quella volta che dissi sì

I colori della Peppa

Milano è solo Milano

La finestra di fronte casa mia non ha le tende

La mia amica

I capelli dentro la testa

Quando volavo

Profumo di libertà

Ombre e luci nel buio di un addio