GLI ALTRI CASSETTI

giovedì 18 ottobre 2007

Com'è possibile ch'io sia io senza te?

[Il post che segue, in realtà, l'ho scritto qualche tempo fa. Decisi di non pubblicarlo subito e mi venne l'idea del bloggarello. Contestualmente scrissi l'articolo, per Segnal'Etica, I blog-vip hanno assassinato la spontaneità creativa, rispetto al quale mi piacerebbe un vostro parere.]
In fondo, anche un post di analisi dei blog è uno stereotipo: chi non ha scritto (e se non l’ha fatto, credetemi sulla parola, prima o poi lo farà) un post o almeno un commento su “Che cos’è un blog. A che serve un blog.”? Ciò che qui ho letto (oggi, ma se avessi voglia e tempo di fare un po’ di ricerca troverei/ritroverei, sono certa, almeno 3000 post simili quantomeno nel concept) è talmente sacrosanto che chiunque osasse anche solo pensare che non è vero andrebbe sbendato immediatamente. Ma fin qui, perdonatemi l’arroganza, ci arrivano tutti. E, tutto sommato, non serve neppure pescare nel vasto calderone freudiano per capire che, educati al reality show come modus vivendi, cerchiamo nell’altrui verità brandelli della nostra. È perfino biblico, secondo me: passiamo buona parte della nostra esistenza a individuare le pagliuzze negli occhi dell’altro. Ciò che non è biblico, ma terribilmente attuale e laico, è la perseveranza non tanto nell’ignorare la trave che sta nel proprio occhio (ché l’ignoranza non è ammessa solo per le leggi dopo la vacatio legis), quanto nel constatarla e nel trovare giustificazioni, cavilli e palliativi.
Sto divagando, però.
Torniamo al punto: i blog.
Personali o d’Opinione? Questa è la distinzione fondamentale (al di là delle altre differenziazioni che, nel marketing sarebbero definite di secondo livello, che non vuol dire di secondaria importanza: letterario, scientifico, sociale, eccetera) che in genere se ne traccia. Come se il pensiero personale fosse scevro dall’opinione, come se la vita di una persona non risentisse di ciò che le accade attorno. E qui, credo, stia il grande dramma dei miei connazionali: la vita privata è un conto, ciò che accade nel Paese altra roba. Ma è davvero possibile? Sono così sola a ritenere inscindibile l’altro da me, il pubblico dal personale, l’ingiustizia che altri subiscono dall’ingiustizia che io sto subendo, il tentativo di desautorare un magistrato dal tentativo di privarmi del diritto alla giustizia...? Com’è possibile che tutto questo non entri a far parte della sfera personale? Com’è possibile che il mio fallimento sentimentale o i miei gusti musicali, che secondo le logiche del saltatempo risultano essere le tematiche più gettonate, non siano influenzati da ciò che mi accade attorno? Com’è possibile ch’io ami Paint It Black senza ricondurla alle mie opinioni rispetto a ciò che mi circonda? Com’è possibile non considerare un tutt’uno l’esperienza accumulata nel pubblico e nel privato? Com’è possibile prescindere da ciò che ci accade come cittadini?