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sabato 6 ottobre 2007

Quasintervista a Laura Costantini e Loredana Falcone.





Laura e Lory blogger e scrittrici. Anzi, scrittrici e blogger. Il loro libro: New York 1920. Il primo attentato a Wall Street. Un libro storico? Un libro d’amore? Scopriamolo insieme a loro.





Due scrittrici, un romanzo, due personaggi femminili.
Cecilia e Lisbeth sono molto diverse. Ho immaginato, leggendo il libro, che ognuna fosse il personaggio delineato da una di voi due: Lisbeth-Laura e Cecilia-Lory. Può, tuttavia, trattarsi dell’interpretazione da lettrice di “nuova generazione”: lettrice che conosce lo scrittore prima di conoscere il suo libro.
Quando si scrive a quattro mani, capita spesso che i lettori si sforzino di individuare nei personaggi l’una o l’altra delle autrici. Non è una chiave di lettura sbagliata se si parte dal presupposto che scrivere è anche un modo per conoscere la parte più profonda e nascosta di se stessi. Nel caso di “New York 1920” ci siamo divertite a sparigliare un po’ le carte, invertendo i ruoli che la vita, quella reale, ha scelto per noi. Mentre Laura ha privilegiato la dimensione più “pubblica” dedicandosi quasi esclusivamente al lavoro e alla carriera, Loredana ha privilegiato la dimensione “privata” e familiare. Viene istintivo, per chi ci conosce, pensare che questa divisione dei ruoli si sia rispecchiata nei personaggi del romanzo. Non è così. La “dura” Lisbeth, donna che affronta le difficoltà dei primi passi dell’emancipazione in un mondo ancora totalmente dominato dai maschi, è in realtà l’alter ego di Loredana che si è divertita a dar vita nel personaggio alla “donna in carriera” che avrebbe potuto essere. Mentre la “dolce” Cecilia, così portata alla maternità e alla dedizione al proprio uomo, ha consentito a Laura di immaginarsi moglie e madre.
Ovviamente scrivere è essenzialmente un esercizio ludico per noi (hai presente quando i bambini dicono: adesso facciamo che…) e quindi non avrebbe senso usare ogni volta lo stesso escamotage. A facilitarci il gioco è sicuramente la varietà dei generi trattati: “New York 1920” è un romanzo storico,
“Eibhlin non lo sa…” è un fantasy, “La guerra dei sordi” affronta il delicato tema dei rapporti israelo-palestinesi, “Le colpe dei padri” scava nei meandri spesso dolorosi dei rapporti familiari. Nessuno di questi è un romanzo d’amore e al tempo stesso lo sono tutti perché se uno scrittore è un creatore di vite nessun personaggio accetterebbe di vivere una vita senza amore.

In effetti avevo immaginato il contrario. Penso dipenda dal fatto di aver conosciuto voi prima del vostro romanzo. Chissà che questo non sia un “nuovo” modo d’intendere la scrittura? Mi spiego: i blog hanno una velocità e una mediazione così poco gestibile che, inevitabilmente, ci si scopre. Lo scrittore si mette a nudo nel suo essere se stesso prima che attraverso un personaggio (due nel vostro caso).

Hai ragione. Quando abbiamo deciso di affrontare la blogosfera non immaginavamo che sarebbe stata un’esperienza così totalizzante. Laura, nelle sue vesti di giornalista, aveva già incontrato la realtà dei blog, ci sono parecchi personaggi del mondo dello spettacolo che hanno scelto di esprimersi anche attraverso questo mezzo. Una per tutti Selvaggia Lucarelli che al suo blog dedicato al gossip più estremo, prima ancora che al matrimonio con il figlio di Adriano Pappalardo, deve la sua successiva carriera di opinionista. Ovvio che, con questo genere di esempi, la blogosfera non ci sembrasse particolarmente attraente. Poi abbiamo pubblicato “New York 1920” e ci siamo scontrate con la difficoltà che incontrano tutti gli scrittori esordienti: trovare un minimo di spazio e di visibilità. Non solo. Noi due scriviamo da tempi immemorabili ma in realtà non avevamo mai avuto veri contatti con altri scrittori o aspiranti tali. Cercavamo un modo per entrare, fosse pure virtualmente, in un mondo, quello “letterario”, cui sentivamo e sentiamo di appartenere (e non tutti la pensano come noi, ma questa è un’altra storia). Così, un bel giorno di ottobre del 2006 (esattamente un anno fa, adesso che ci pensiamo) Laura si fa un giro sul web e decide di comprarsi un dominio. Nel pacchetto è compresa la possibilità di creare ed aprire un blog, cosa che appare decisamente più facile che organizzare un sito web. Quindi Laura (se non si fosse capito lei è la pioniera delle due) si arma di pazienza, si legge le istruzioni e apre il primo blog cominciando a postare qualcosa. La piattaforma, però, non è delle più valide e quindi, dopo qualche mese, decidiamo insieme di traslocare su Splinder.

Finalmente su Splinder! E...

Non ci saremmo mai aspettate di essere proiettate in un mondo assolutamente affascinante di persone le più diverse, tutte molto intelligenti, vivaci, intellettualmente stimolanti, spesso egocentriche (ma chi non lo è nel proprio intimo?), ma soprattutto affini. E in nome di questa splendida affinità è successo che, di post in post, è venuta fuori la nostra vera essenza, il nostro modo di pensare, di vivere, di reagire. Come tu giustamente osservi, la velocità e la mediazione di un blog è quasi ingestibile. Ne sono derivati scontri (anche con te), fraintendimenti, errori di valutazione, chiarimenti, riflessioni. Ma in questa sorta di second life di Lauraetlory hanno tutti avuto il loro valore, il loro scopo: una crescita nata dal confronto e dalla comunicazione. Che poi (e chi ci conosce, lo sa) è esattamente quello che cercavamo in un blog.

Lisbeth è una donna indurita - non dura, come mostra l’evolversi della storia (particolare che lasciate intravedere quasi subito). In contraddizione – forse – con il suo animo che rivela quella femminilità convenzionale che lei utilizza come mezzo per stare in mezzo agli uomini. Vive la mascolinità come una condizione naturale. Si adegua-reagisce-si adegua-reagisce. Cecilia, con le sue “nuove ambizioni” mantiene – anche attraverso quel parlato partenopeo che si trascina dietro quando sta con “i paesani” – valori che la contraddistinguono sin dall’inizio. Si cambia solo per amore?
No. Diciamo piuttosto che l’amore è una sorta di catalizzatore che rende possibile una reazione chimica che porta alla luce la vera essenza delle persone. Ci verrebbe da dire delle donne perché tali siamo e perché ci è difficile capire le motivazioni profonde degli uomini. A ben guardare, se vogliamo usare “New York 1920” come una sorta di metafora, Lisbeth e Cecilia in realtà non cambiano affatto. Lisbeth, come giustamente osservi, è una donna molto femmina che ha imparato a proprie spese i meccanismi necessari per mantenersi a galla. Si adegua e reagisce alle diverse situazioni, ma questo non intacca la sua vera natura che è poi quella di darsi completamente e a rischio della sua stessa vita quando uno scopo attraversa la situazione di stallo in cui l’ha lasciata la morte del marito. Uno stallo che pensava definitivo e uno scopo di cui è la prima a sorprendersi. Cecilia è altrettanto fedele a se stessa. Seguace di valori tradizionali, certo, ma a ben vedere già convinta, grazie all’ingenuo ma efficace sforzo di sua madre, di poter puntare più in alto di quanto la sua condizione di popolana ed emigrante sembri concedere.
In entrambi i casi, l’amore catalizza gli sforzi e facilita il risultato. Ma il sentimento da solo non sarebbe bastato (nella finzione così come crediamo non basti nella realtà) in assenza di basi solide e già maturate.
Dite che nessuno dei vostri romanzi è un romanzo d’amore e al tempo stesso lo sono tutti. New York 1920 ne è, sicuramente, una prova. Romanzo storico, che tocca una nostalgia mai completamente “curata” da una Nazione spesso etichettata proprio in base ad essa; si inerpica, tuttavia, in una doppia storia d’amore che s’intreccia e – lo confesso, anche per una che non ama i romanzi d’amore come me – ti tiene incollato alle pagine.
Eros e Thanatos sono da sempre la base della narrativa mondiale. Per una storia d’amore, nel Libro per eccellenza, la specie umana si è giocata il Paradiso Terrestre. Per amore si è combattuta la più epica delle guerre, quella di Troia. Per amore gli eterni personaggi di Shakespeare hanno dato voce agli istinti più profondi e primordiali dell’essere umano. Tutti i romanzi che narrano una vicenda umana sono storie d’amore. Abbiamo letto moltissimo e continuiamo a farlo e anche fermandoci un attimo a pensare, ci riesce difficile individuare un romanzo che non contenesse una storia d’amore, da Furore di Steinbeck a I pilastri della terra di Follett, da Non ti muovere della Mazzantini a L’amante di Yehoshua, da Mille splendidi soli di Hosseini a Il dio delle piccole cose di Roy. Eppure nessuno di questi potrebbe essere catalogato come “romanzo d’amore”.
Non che ci sia nulla di male in questa definizione, solo che nel tempo ha assunto una valenza negativa, da lettura adatta soltanto per signorine in attesa del grande amore o del buon matrimonio.
Il format della doppia storia d’amore potrebbe portare – come nel mio caso – a saltare capitoli per poi tornare indietro. Mi piace perché dà libertà di “interpretarsi” la lettura.
Ci piace scoprire la tua chiave di lettura: questo approfittare della doppia storia d’amore per scegliere, di volta in volta, quale delle due protagoniste seguire.
Interpretare la lettura secondo il proprio gusto è cosa che non tutti i lettori sono in grado di fare, eppure è una delle tante, splendide libertà che un libro offre. Rileggere in toto, aprire un capitolo a caso, procedere saltando da pagina 20 a pagina 110, tornare indietro. A ben guardare l’attuale supporto DVD ha tentato di dare le stesse caratteristiche anche alla narrazione visiva. Ma la bellezza dell’immagine ha pur sempre il limite evidente di essere già un’immagine e quindi bloccare ogni manipolazione dell’immaginazione. Mentre la parola scritta si offre in tutto e per tutto come spunto, come primo mattone per costruire. Un libro è un detonatore per la fantasia del lettore.
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