Questo post è chiuso ai commenti per due motivi: il primo è che è una sovrafetazione di “Il libro che lava più bianco”; il secondo è che ho la certezza che pochi ne coglieranno la metafora. Chi dovesse coglierla può liberamente esprimerla nel post precedente.
Credo che non vi sia un prodotto diversificato quanto l’assorbente igienico femminile e trovo che la sua storia (qui raccontata senza pretese) sia fra le più intelligenti, e che porti a riflettere sui meccanismi motivazionali (preesistenti e indotti) della diffusione di un prodotto.
Dunque...Credo che non vi sia un prodotto diversificato quanto l’assorbente igienico femminile e trovo che la sua storia (qui raccontata senza pretese) sia fra le più intelligenti, e che porti a riflettere sui meccanismi motivazionali (preesistenti e indotti) della diffusione di un prodotto.
L’avete presente l’assorbente igienico femminile? Una pezza di lino per le nostre nonne era sufficiente. Doveva essere bianca perché candeggiabile e lavabile a temperature elevate che ne consentissero la “sterilizzazione” con acqua bollente. Poi qualcuno ha pensato ad altro: sono nati i primi assorbenti igienici monouso, di enorme spessore e consistenti in un film di garza che conteneva ovatta (cotone). Costava di più di una pezza di lino, in genere ricavata da lenzuola non più utilizzabili, ma garantiva una maggiore igiene ed evitava lavaggi difficoltosi e stomachevoli giacché le macchie ematiche non sono fra le più facili né dal punto di vista della detersione né dal punto di vista dell’approccio psicologico.
C’era un solo produttore, che chiameremo Signor A, per tante donne: i costi di produzione potevano essere distribuiti in maniera tale da consentire un buon mark up anche a prezzi di vendita contenuti. Ma poi il Signor B ha pensato: Perché non posso farlo anch’io? Si è informato, ha compilato un business plain e ha valutato i vantaggi. Ha investito e ha iniziato a produrre assorbenti igienici uguali al Signor A. Che delusione scoprire che le sue vendite erano irrisorie rispetto a quelle del Signor A.
Ma come? – si diceva fra sé e sé il Signor B – Il prodotto è buono quanto quell’altro, perché io non vendo e lui sì? Un amico, tanto per fare un po’ di conversazione, gli disse, un giorno: Tutte quelle donne sono affezionate al Signor A, lui ha loro risolto un problema, si è posto come necessario. Tu per vendere devi abbassare il prezzo. Il Signor B accettò il consiglio e mise sul mercato assorbenti identici a quelli del Signor A a un prezzo più competitivo. Il risultato fu più che soddisfacente: le donne si divisero a metà, fra coloro che rimasero affezionate al Signor A e coloro che lo tradirono a vantaggio del Signor B.
Il Signor A e il Signor B guadagnavano veramente bene. Era ovvio che il loro successo facesse gola anche al Signor C, che iniziò a produrre, anche lui, assorbenti igienici tale e quale a quelli del Signor A e del Signor B. Il Signor C pensava di essere furbo e quindi abbassò ulteriormente il prezzo di vendita, ma, a fine anno, si accorse che il suo mark up era irrisorio. È vero che si era ritagliato un terzo del mercato, ma abbassando il prezzo era arrivato a un bilancio quasi alla pari. Non poteva funzionare. Allora pensò a un modo per battere la concorrenza. L’idea gli venne all’improvviso, ispirata da una delle solite lagne da dismenorrea della moglie: Eccheppalle! Proprio oggi mi dovevano arrivare le mestruazioni? Ho appena comprato la gonna nuova, stretta e con lo spacco e non posso metterla perché altrimenti mi si vede la sagoma di questo enorme pannolone!
Il Signor A e il Signor B guadagnavano veramente bene. Era ovvio che il loro successo facesse gola anche al Signor C, che iniziò a produrre, anche lui, assorbenti igienici tale e quale a quelli del Signor A e del Signor B. Il Signor C pensava di essere furbo e quindi abbassò ulteriormente il prezzo di vendita, ma, a fine anno, si accorse che il suo mark up era irrisorio. È vero che si era ritagliato un terzo del mercato, ma abbassando il prezzo era arrivato a un bilancio quasi alla pari. Non poteva funzionare. Allora pensò a un modo per battere la concorrenza. L’idea gli venne all’improvviso, ispirata da una delle solite lagne da dismenorrea della moglie: Eccheppalle! Proprio oggi mi dovevano arrivare le mestruazioni? Ho appena comprato la gonna nuova, stretta e con lo spacco e non posso metterla perché altrimenti mi si vede la sagoma di questo enorme pannolone!
Come ho fatto a non pensarci prima? – urlò raggiante il Signor C lasciando la moglie a scegliere un abito più adatto. Corse in ufficio e chiamò i suoi collaboratori: Dobbiamo realizzare un assorbente più piccolo, anatomico, che non dia fastidio! Le donne devono poter indossare quello che vogliono quando vogliono.
L’esperimento riuscì. Quando le donne andavano al negozio avevano tre brand fra cui scegliere e uno rassicurava sulla comodità e sulla “femminilità”. Il Signor C si guadagnò un bel picco nelle vendite. Il Signor A e il Signor B allora s’inventarono l’ultrapiatto e il notturno. Era una guerra fra tre produttori che, alla fin fine, si spartivano un mercato molto vasto e molto redditizio. Così redditizio da far gola ai Signori D, E, F, G, H, I.
Così, dalla pezza di lino si è arrivati, a suon di differenziazione, a una miriade di tipologie di assorbenti igienici femminili. Le donne erano confuse: troppa scelta, che fare? Si affidarono all’affettività e restarono legate agli assorbenti di A, di B e di C. Fino a quando al Signor J, venne in mente di fare pubblicità. Il Signor J si era inventato l’assorbente più innovativo di tutti, posto che un assorbente possa essere innovativo giacché la sua funzione è sempre e inevitabilmente la stessa: un assorbente che ti consentiva di fare proprio tutto, perfino lanciarti con un paracadute. Quante di quelle donne si lanciavano quotidianamente con un paracadute? Ma il bello è che il Signor J lo disse in televisione, alla radio, sui giornali. Ovunque le donne andassero si trovavano di fronte il brand dell’assorbente del Signor J al quale va riconosciuto, fra l’altro, il merito di aver abbattuto il tabù della dismenorrea, fino ad allora taciuta e sussurrata con nomi fantasiosi solo fra donne.
Successe che anche K, S, W, H e perfino A, B e C iniziarono a fare pubblicità. Assunsero ricercatori ed esperti, ma se da un lato la ricerca cresceva, d'altro lato si immettevano sul mercato assorbenti sempre meno differenziati (ché erano state esaurite le possibilità), fino a quando non venne in mente, al Signor R di creare un bisogno indotto trasversale all’assorbente. Le donne che costituivano il mercato oramai era esaurite, spezzettate fra i tanti produttori. Questo il Signor R oramai lo sapeva bene e sapeva che quel mercato aveva un limite: la periodicità. Non poteva mutare le leggi naturali e biologiche, ma sicuramente c'era un modo per abbattere quella criticità: L’assorbente deve entrare a far parte della vita quotidiana della donna, ohibò! E così nacque il salvaslip. Un sottoprodotto che aveva due scopi fondamentali (entrambi commerciali): il timing e quindi eludere la criticità di vendita legata alla periodicità; la concorrenza e quindi evitare di creare un prodotto che cannibalizzasse quello proprio (leader e portante) e si creasse un mercato trasversale e derivato. Le donne – convinte anche da una spinta igienica massificata che ha finito con l’ammazzare la flora batterica e aumentare i tumori uterini, ma questa è un’altra storia come altra storia è la confusione fra femminismo e dismenorrea – si sono sentite considerate nella loro intimità e hanno iniziato ad acquistare i salvaslip, poi i contenitori salva-privacy, gli accessori eccetera. Ma la Signora U voleva andare in piscina anche “in quei giorni” e allora il marito le ha inventato il tampone…e la storia continua.
Contestualmente si andava proclamando anche un altro stendardo: il no logo, veicolato attraverso i discount. I Signori A, B, C, D, ….Z, attenti conoscitori dei loro segmenti di mercato, vi si adeguarono immediatamente, canalizzando in quegli ambiti i loro assorbenti senza brand e così conquistando anche i segmenti più ostili e difficili (quelle nicchie che avevano mantenuto un minimo di decoro, che si manifestava tuttavia non tanto nell’utilizzo delle vecchie pezze di lino bensì nella critica verso le attività commerciali, verso il marketing e verso la pubblicità, nell’ottica non tanto di una presa di posizione attiva ma di difendere lancia in resta una propria incapacità – definita per ovvi motivi impossibilità – di scelta).
L’esperimento riuscì. Quando le donne andavano al negozio avevano tre brand fra cui scegliere e uno rassicurava sulla comodità e sulla “femminilità”. Il Signor C si guadagnò un bel picco nelle vendite. Il Signor A e il Signor B allora s’inventarono l’ultrapiatto e il notturno. Era una guerra fra tre produttori che, alla fin fine, si spartivano un mercato molto vasto e molto redditizio. Così redditizio da far gola ai Signori D, E, F, G, H, I.
Così, dalla pezza di lino si è arrivati, a suon di differenziazione, a una miriade di tipologie di assorbenti igienici femminili. Le donne erano confuse: troppa scelta, che fare? Si affidarono all’affettività e restarono legate agli assorbenti di A, di B e di C. Fino a quando al Signor J, venne in mente di fare pubblicità. Il Signor J si era inventato l’assorbente più innovativo di tutti, posto che un assorbente possa essere innovativo giacché la sua funzione è sempre e inevitabilmente la stessa: un assorbente che ti consentiva di fare proprio tutto, perfino lanciarti con un paracadute. Quante di quelle donne si lanciavano quotidianamente con un paracadute? Ma il bello è che il Signor J lo disse in televisione, alla radio, sui giornali. Ovunque le donne andassero si trovavano di fronte il brand dell’assorbente del Signor J al quale va riconosciuto, fra l’altro, il merito di aver abbattuto il tabù della dismenorrea, fino ad allora taciuta e sussurrata con nomi fantasiosi solo fra donne.
Successe che anche K, S, W, H e perfino A, B e C iniziarono a fare pubblicità. Assunsero ricercatori ed esperti, ma se da un lato la ricerca cresceva, d'altro lato si immettevano sul mercato assorbenti sempre meno differenziati (ché erano state esaurite le possibilità), fino a quando non venne in mente, al Signor R di creare un bisogno indotto trasversale all’assorbente. Le donne che costituivano il mercato oramai era esaurite, spezzettate fra i tanti produttori. Questo il Signor R oramai lo sapeva bene e sapeva che quel mercato aveva un limite: la periodicità. Non poteva mutare le leggi naturali e biologiche, ma sicuramente c'era un modo per abbattere quella criticità: L’assorbente deve entrare a far parte della vita quotidiana della donna, ohibò! E così nacque il salvaslip. Un sottoprodotto che aveva due scopi fondamentali (entrambi commerciali): il timing e quindi eludere la criticità di vendita legata alla periodicità; la concorrenza e quindi evitare di creare un prodotto che cannibalizzasse quello proprio (leader e portante) e si creasse un mercato trasversale e derivato. Le donne – convinte anche da una spinta igienica massificata che ha finito con l’ammazzare la flora batterica e aumentare i tumori uterini, ma questa è un’altra storia come altra storia è la confusione fra femminismo e dismenorrea – si sono sentite considerate nella loro intimità e hanno iniziato ad acquistare i salvaslip, poi i contenitori salva-privacy, gli accessori eccetera. Ma la Signora U voleva andare in piscina anche “in quei giorni” e allora il marito le ha inventato il tampone…e la storia continua.
Contestualmente si andava proclamando anche un altro stendardo: il no logo, veicolato attraverso i discount. I Signori A, B, C, D, ….Z, attenti conoscitori dei loro segmenti di mercato, vi si adeguarono immediatamente, canalizzando in quegli ambiti i loro assorbenti senza brand e così conquistando anche i segmenti più ostili e difficili (quelle nicchie che avevano mantenuto un minimo di decoro, che si manifestava tuttavia non tanto nell’utilizzo delle vecchie pezze di lino bensì nella critica verso le attività commerciali, verso il marketing e verso la pubblicità, nell’ottica non tanto di una presa di posizione attiva ma di difendere lancia in resta una propria incapacità – definita per ovvi motivi impossibilità – di scelta).
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