GLI ALTRI CASSETTI

sabato 31 marzo 2007

Rieccomi

Grazie per i commenti che avete lasciato sul Blog nei miei giorni di assenza. Ricambierò senz’altro le visite. Sono ancora un po’ stanca e le cose da fare, dopo una settimana, sono, come potete intuire, tante.
Intanto vi lascio qualcosa, nei brevi post/segnalazione a seguire.

Su segnal’etica è stato pubblicato il mio secondo intervento sulla comunicazione pubblica: Individua il segmento di target e taci. Una criticità che ad occhi inesperti può apparire banale e che, tuttavia, è un dato di fatto che bisogna inevitabilmente imparare a gestire qualora si voglia entrare nel business della comunicazione pubblica, o semplicemente sbirciare nel suo affascinante calderone.

Sono stati pubblicati altri due racconti su Parole per sé:

Roberta (cara amica che non si decide ad aprire un Blog): Una breve storia d'amore. (leggi)

Alberto (il puro, :-D): Chissà qual era il suo nome... (leggi)

domenica 25 marzo 2007

Chi si occupa delle mie piante?


venerdì 23 marzo 2007

Ricordi



Ci sono parole musicali, morbide, tonde, piacevoli da pronunciare. Una di queste è ricordi.
Mi piace ripeterla: ricordi ricordi ricordi ricordi ricordi ricordi...
Tutte quelle erre che s’intrecciano sembrano metterti alla prova, sfidarti in un duello linguistico. E mi piace sentirla pronunciare con l’accento parmigiano che ha una cadenza quasi francese, con l’accento siciliano che enfatizza la prima erre e trascura la seconda, con l’accento calabrese che snobba la erre a vantaggio della d, con l’accento barese che sembra aggiungere una vocale inesistente e appena percettibile prima della erre, con l’accento pescarese che prolunga la i dopo la prima erre
Ci sono parole dense di significati eppure prive di accezioni specifiche. Una di queste è ricordi. In sé non è legata a una visione positiva o negativa. Siamo noi a riempire di significato la parola collegandola a un accadimento, costruendo la nostra esistenza in base a ciò che da esso abbiamo consapevolmente o inconsapevolmente imparato.

I ricordi sono l’insieme che ci costituisce. Siamo il ricordo del bambino, dell’adolescente, del rivoluzionario, del noioso, del rompiballe, del simpatico, dell’insopportabile, dello stacanovista, dell'adulto, del qualunquista, dello stupido, del saggio, dello sportivo, dello sfaticato, dell’altruista, del cinico, del codardo, del pressappochista, del comunista, del fascista, del buono, del diverso, del razzista, del guerrafondaio, dell’insensibile, dell’amante, del bidonaro, del golpista, del cosmopolita, dell’innamorato, del deluso, dell’antipatico, del qualunquista, del sognatore, del pio, del trasgressivo, del disilluso, dell’impertinente, del consolatore, del tradito, del figlio, dello studioso, del traditore, del genitore, dell’amico… che siamo stati.
Senza ricordi non siamo nulla.
Cosa accadrebbe se con una compressa potessimo cancellare uno di questi ricordi? una molecola del nostro essere e del senso del nostro divenire quotidiano?
A chi potrebbe venire in mente di cancellare i ricordi? A questi qui.

martedì 20 marzo 2007

Bene!

In genere, mi affeziono, a ciò che posto sul blog e mi dispiace eliminare alcuni elementi. Ma, in questo caso, sono veramente contenta di poter togliere questo:

domenica 18 marzo 2007

La rivoluzione che parte dalla grammatica.


Le gambe incrociate sulla poltrona nella quale sembra sprofondare. Scherzo tirando banalmente in ballo una similitudine con Fracchia. Mi guarda allibita, chiedendomi: chi è? Tutto sommato è andata bene, avrebbe potuto chiedermi: chi era? accentuando il tono sulla coniugazione al passato del verbo essere, come fa solitamente quando mi prende in giro scherzando sulla mia età definendomi troppo giovane per essere sua madre e troppo vecchia per essere sua sorella. Il portatile appoggiato sulle ginocchia. Le sto seduta di fronte, leggo, lavoro, penso. Avrei voglia di fumare, ma la legge domestica lo vieta e oggi è giorno di rispetto totale: in casa non si fuma. Dovrei alzarmi, stringere attorno alle spalle la sciarpa nera e andare sul balcone. Sbircio dai vetri della finestra: il buio è quasi insolito. Anche la finestra di fronte casa mia è buia e la tapparella è abbassata. Non andrò a fumare, aspetterò che vada a letto e poi accenderò l’ultima sigaretta prima di andare a dormire per concludere il rito di dipendenza. La nonna Egeria – che non è proprio mia nonna, ma l’ho sempre considerata tale – diceva a suo marito fumatore: vergogna, schiavo di una foglia!
Lei però non dà segni di stanchezza. È lì a picchiare velocemente i tasti sul computer. La osservo. Ogni tanto sorride, ride, dice qualche parola ad alta voce. Sta messaggiando con qualcuno dei suoi amici. A un certo punto gira il monitor verso di me e mi invita a “leggere” un messaggio. Non c’è una sola parola. Il messaggio è costruito interamente da animazioni colorate e allegre. Non riesco a decifrare il neo-geroglifico, ma la sensazione che me ne deriva è di gradevole e leggera piacevolezza. Le chiedo di decifrarlo per me e constato che ha un senso compiuto e perfino profondo. Vedo la scintilla nei suoi occhi che sintetizza un concetto ampio: io so leggere, usare e interpretare le tue parole, tu non sei capace di leggere, usare e interpretare le mie. E sapete una cosa? Lo trovo giusto e affascinante come lo è ogni forma di ribellione. Ma quale stupro della lingua italiana? Questi ragazzi – molto spesso – sono perfettamente in grado di utilizzare l’una e l’altra forma espressiva. Elaborano una scelta ben precisa fra una creatività indotta/convenzionale e una più libera e più sintetica anche nella forma scritta.

Mi è tornato alla mente un articolo letto qualche tempo fa, a proposito degli sms che stimolano la creatività.
L’ho cercato su internet e ritrovato.

Il racconto di Dandapit


venerdì 16 marzo 2007

La forza della determinazione.


Vi invito a leggere i due racconti appena pubblicati su Parole per sé:




Due vocali. Tutto qua.

Scritto da Massimo De Nardo

Pistacchio o cioccolato?


Scritto da Alex






giovedì 15 marzo 2007

Berlusconi è indignato.


Come non esserlo? Un giornalista italiano è sequestrato da una settimana dai taleban; la chiesa cattolica svolge prepotentemente propaganda politica; i Dico stanno diventando sempre più cartastraccia; si stanno, impunemente, calpestando i diritti costituzionali di molti cittadini italiani; una nuova base americana sta per essere impiantata a Vicenza; un depuratore sta per essere collocato in prossimità di un’area ecologica protetta, eccetera eccetera.


Ha ragione cavaliere, sono indignata anch’io. Peccato che lei si riferisca solo all’imbarbarimento mediatico che ha reso noto al pubblico le marachelle di politici e vip coinvolti nello scandalo Lele Mora/Corona. Ma com’è possibile? Uno paga per non far sapere (commettendo reato di favoreggiamento, non lo dimentichi) e guarda che succede!

mercoledì 14 marzo 2007

Parole per sé. Loop? No, solo spiegazioni.

Rischio di andare in loop, lo so, ma alcune spiegazioni le voglio dare.

In molti, anche – anzi soprattutto – gente che non conosco, mi hanno scritto in privato chiedendomi se dietro questo progetto ci sia qualcosa di più. Nessuno osa fare la domanda direttamente, ma ho capito (sono una tipa sveglia!) che ciò che si cela dietro le righe è il dubbio – o forse speranza – di una patinatura. La risposta è no. Parole per sé non ha la pretesa di diventare un libro di carta, ma un book virtuale che raccolga una moltitudine, il più possibile vasta, di frammenti di vita. Questo per un motivo fondamentale: sono profondamente persuasa che la rete sia il futuro della letteratura, del giornalismo e perfino dell’insegnamento e di molte altre attività professionali. Un book virtuale ha due vantaggi immediati: uno per lo scrittore (che nel caso di Parole per sé è multiplo) e consiste nella velocità di pubblicazione e nella possibilità di far sentire la propria voce confrontandosi direttamente con il suo pubblico, l’altro per il lettore che ha la possibilità di interagire ed evolversi da personaggio indotto a protagonista diretto e a scrittore esso stesso, attraverso la produzione di altri contenuti. Quindi, a questi vantaggi se ne aggiunge un terzo: la possibilità di superare il limite della finitezza e riempire gli spazi emozionali che, inevitabilmente, ogni racconto lascia.

Altro punto molto discusso, in privato, è legato alla decisione di chiudere i commenti sul blog Parole per sé. Qualcuno, che non rientra fra i miei lettori abituali – lo dico per trasparenza e con orgoglio – mi ha perfino accusata di voler imitare Babsi Jones. Che dire? Non è così, tanto più che l’idea è nata prima che, a seguito della ormai nota lettera al commentatore generico si diffondesse nell’etere la polemica circa il commento sì e il commento no. La decisione è stata determinata da un senso di profondo rispetto nei confronti di chi invia il proprio contributo. Qualcuno, come il già pubblicato Francesco, preferisce l’anonimato e ritengo sia una scelta da rispettare. Lo scopo di questo progetto non è creare imbarazzo, ma stimolare il dialogo con se stesso. Chi deciderà di pubblicare su Parole per sé, potrà inserire un link sul proprio blog e aprire i commenti in quella sede. Questo, secondo me, risponde a due esigenze fondamentali: da un lato il rispetto delle emozioni, d’altro lato contribuire, assieme, a costruire la rete, cercando di far risorgere dalle proprie ceneri l’interazione intelligente e la vivacità espressiva.

Infine, a chi ha proposto di creare un sistema di voto del racconto rispondo con la stessa arroganza di cui sono stata accusata in privato: sciò, sciò…vai via, non sei il benvenuto. Resta chiuso nel tuo polmone catodico, con il pollice attaccato alla minuscola tastiera del tuo cellulare, continua a votare il tuo eroe preferito, ma non qua. (Questa è la diarrea di cui scrivevo qua.). La tua strada sarà sicuramente affollata, ma senza me.

lunedì 12 marzo 2007

Creativi in Erba


Creativi in Erba è un progetto che ho portato avanti con una scuola elementare. Il primo step di un'idea che sto sempre più affinando e che forse...ma non anticipo nulla.
Intanto, se vi va, potete fare un salto su CALIBRO ZEROQUINDICI e sbirciare nello scaffale F.

Parole per sé


Ritorno a Parole per sé dal momento che, ad oggi, ho ricevuto molte promesse ma pochi racconti. Penso che l'autobiografia sia l'unico modo di esprimere sinceramente e realmente le proprie emozioni, senza alcun traduttore od esegeta a cui affidarne l'interpretazione.




Vi invito a leggere i racconti già pubblicati:

Il vero nemico
scritto da Francesco


Due canzoni ricordo della mia giovinezza, due frasi che hanno lasciato un segno tanto profondo da sembrare cicatrici bianche di frustate nella carne dell'anima.
Una era un verso del "Cantico dei drogati" di Fabrizio De Andrè, quello in cui racconta di "folletti di vetro / che mi spiano davanti /che mi ridono dietro...". Tutta la canzone era una visione allucinata della realtà, che solo molto dopo ho collegato con un principio di alcolismo con cui Fabrizio stava facendo i conti. Per me era la negazione della vita, la sublimazione del dolore dell'esistenza portato all'estremo, le corde del violino nel Trillo del diavolo che si spezzano una ad una... anche se l'ultima reggeva sempre.
L'altra, del tutto diversa, era... (leggi)




Brindisi
scritto da Assu
I bicchieri alzati e i sorrisi accesi su facce rilassate di un’estate appena iniziata. Gli aghi del grosso pino, testimone di stagioni vissute nel silenzio dell’incomprensione, caduti e ingialliti sul cortile di ghiaia sparsa sulla vecchia colata di cemento sollevato dalle radici degli alberi, bucato dalla forza inaspettata di un esile filo d’erba. Voci adulte che si sovrappongono alle medesime allegre e infantili degli anni passati. Guardo indietro, verso il cortile che si affaccia sulle terre arate con le zolle indurite dal calore e dall’arsura. È di là che arriva il vento di mare e io l’aspetto perché adesso ho bisogno di tornare a volare. Le voci si fanno confusione, la confusione angoscia, l’angoscia rabbia, la rabbia fuoco, il fuoco vendetta, la vendetta parole, le parole silenzi, i silenzi pensieri... (leggi)

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Parole per sé
scritto da Jane

Ha appreso da poco che c’è una cosa che si chiama scrittura.
I grandi coprono fogli di segni. Questi segni sono allineati e organizzati in gruppi. Le piacciono soprattutto quelli che vanno in su e quelli che vanno in giù. Gli altri sono un pochino noiosi. Si esercita a riempire pagine e pagine di segni che crede essere molto simili a quelli dei genitori. Fa gruppi di segni più corti e più lunghi, come i grandi, ma sta attenta ad includerne sempre parecchi che vanno su e parecchi che vanno giù, così che la sua scrittura risulti più interessante per chi la legge. È rimasta momentaneamente delusa dal ... (leggi)

sabato 10 marzo 2007

Mastrogiacomo come Baldoni?



È, per me, un momento doloroso perché sto rivivendo l’angoscia per il rapimento di un caro amico in Iraq, conclusosi tragicamente. Anche in quell’occasione la situazione politica nazionale non consentiva al Governo di cedere alle condizioni di rilascio imposte dai rapitori. E, nel caso di Daniele Mastrogiacomo le condizioni poste sono a dir poco onerose: il ritiro delle truppe italiane, lo stop immediato dei combattimenti della Nato nella zona di Helmand, il rilascio in tempi brevissimi di Mohamad Harif e Abdal Latif Hakimi arrestati nei mesi scorsi. Non so quanto le notizie siano fondate, pare che le dichiarazioni siano state fornite dal giornalista pakistano Sami Yousafzai.

La libertà di stampa è fondamentale, soprattutto in guerra (consentitemi di definire con il suo vero nome questa missione di pace) e mi aspetto che il Governo prenda seriamente in considerazione, insieme alla decisione di rifinanziamento della missione in Afghanistan, anche una politica di maggiore protezione dei giornalisti che svolgono il loro lavoro affinché ciò che succede in guerra possa essere noto a tutti e affinché sia sempre meno possibile nascondere la verità o quantomeno tutte le verità.

Credo in un solo Dio...e aborro la politica cattolica.


Vi ringrazio per i commenti sul mio credo.
Personalmente sono stanca di Verità pronunciate in nome di Dio. È tempo che i signori della Chiesa assumano la responsabilità personale di ciò che affermano e che la finiscano di rompere i coglioni (se è consentito a Sgarbi dire parolacce in televisione per difendere il papa sarà consentito anche a me dirne per difendere il mio diritto di esprimere la mia opinione) con assurde pretese di autorevolezza riconosciuta da Dio. Ma quale Dio? Quale autorevolezza? Quale autorevolezza e, soprattutto, quale missione di carità e fratellanza si può riconoscere a chi si scaglia contro le minoranze rispondendo a una manifestazione (organizzata dall’arcigay) per il diritto all’uguaglianza dignitaria oltre che costituzionale con una manifestazione di rinculo (che sarà organizzata per fine marzo)?
È tempo che i signori della Chiesa risciacquino i panni sporchi di sangue e iniquità, di menzogne e plagio, di sensi di colpa indotti… è tempo che si occupino di anime, sempre che ricordino di cosa si tratta, e che la smettano di occuparsi di politica. Ma come cavolo si permette la Chiesa che si costituisce parte civile accanto a un prete pedofilo (condannato da un tribunale penale a seguito di indagini che lo hanno messo al tappeto e costretto a confessare le violenze su sei bambini) chiedendo un risarcimento di varie centinaia di migliaia di euro a un ragazzo che ha avuto il coraggio di denunciare, a parlare di moralità e di valori? Come si permette di interferire nelle questioni di Stato, quando non fa neppure parte dello Stato? Come cavolo possiamo permettere che si parli di politici cattolici quando uno dei fondamenti della Democrazia è proprio la laicità?

venerdì 9 marzo 2007

Please, visit Italy.


Visto che il sito dell'Italia della qualità non funziona - la strategia è a dir poco scadente - che fare? È il momento che la politica si muova in prima persona ed ecco la pillola spot/appello di Rutelli: per favore visitate l’Italia. (video pubblicato da Beppe Grillo)
La storia:
L’Italia lascia il segno, un pay off costato centomila euro. Ok, non da solo. Accompagnato da un logo che ci rappresenterà in tutto il mondo. Povera Italia!
Si eleva lo sdegno creativo (?). Il punto interrogativo perché fra questi commenti ho letto una serie di ovvietà dettate più dal gusto di dire scempiaggini (spesso sotto la protezione di un nick) che da una vera e propria riflessione professionale.
Personalmente ho commentato così:
In tanti anni di accounting ho imparato a non “giudicare” la creatività, ma ad “esprimere dei pareri”. Per farlo, ovviamente, occorrerebbe avere per le mani il briefing e il de-briefing e quindi, poter constatare, quali sono gli obiettivi di comunicazione che i creativi hanno seguito. In mancanza proverò a fare un ragionamento al contrario, partendo dal risultato. Posso presumere, ad esempio, che sia stato innanzitutto chiesto ai creativi di utilizzare un segno grafico “pulito” – per distinguerci nel marasma di segni grafici europei. Non sono certo più gradevoli i loghi della Grecia, della Spagna o anche della Francia, alla quale si deve tuttavia riconoscere un certo savoir faire rispetto al payoff, Maison de la France, che rievoca la storia degli atelier e delle mannequin, ma anche dello champagne e quindi di canali francesi noti e apprezzati in tutto il mondo. Ciò che, a mio avviso, manca in questo logo sono proprio la storia e un canale immediatamente riconoscibile e riconducibile all’Italia. Avrebbe potuto essere quello della moda, ma anche – perché no? – quello del gusto, o della rilassatezza tipica italiana (così compiendo quel miracolo che noi account chiediamo sempre, vale a dire trasformare un minus in un plus).
Senza esprimere giudizi sulla creatività (a chi lo fa con tanta irruente facilità vorrei chiedere di provare a proporre un logo alternativo, perché – come dico ai miei collaboratori e stagisti – mai dire non va bene se non si ha già il meglio in tasca, mai dire brutto se non si ha già il bello in mano), penso di poter affermare con una certa dimestichezza, almeno tre cose:
Uno: si è percorsa la strada più semplice, veloce e ahimè più banale per esprimere il concetto di italianità: il tricolore. Scontato, come lo sarebbe un logo che riportasse l’immagine di un piatto di spaghetti rossi, bianchi e verdi.
Due: non si è tenuto conto della declinabilità del logo. Non ho bisogno di fare un test con photoshop per capire che non funziona su sfondo colorato perché si determina uno sgradevole affollamento cromatico. Non per nulla nella presentazione il logo è declinato esclusivamente su sfondo bianco. Né occorre un test per capire che non funziona per nulla in negativo, come sempre accade quando si punta sul colore piuttosto che sull’icona.
Tre: non funziona senza il payoff perché non vi è riconoscibilità dell’Italia che, convenzionalmente, nella rappresentazione grafica è uno stivale. Ma qui per vedere lo stivale occorre fare uno sforzo enorme. E sullo stesso payoff: L’Italia lascia il segno, c’è senz’altro da dire che probabilmente il concept di partenza era “la firma”, intesa non solo come brand/moda ma anche come ricordo (bel Paese=bel ricordo). Però - e mi fa specie che il copy non ne abbia tenuto conto – nell’immaginario collettivo “lasciare il segno” è spesso collegabile a una percezione negativa.
Naturalmente, logo e pay off, sono solo il primo passo: ogni Paese che si rispetti ha il suo website. Poteva essere da meno il Bel Paese? Naaaaa, e infatti si spendono quarantanovemilioni di euro per questo sito qua. La mia amica Jane, che l’inglese lo mastica giusto un po’, fece notare gravi incoerenze nella traduzione e lanciò un blogconcorso per la caccia all’errore.

giovedì 8 marzo 2007

Credo in un solo Dio...


Credo in un solo Dio, padre caritatevole e senza nome, colore ed etnia.

Credo in una sola Libertà, in cielo e in terra, coerente nel visibile della vita e nell’invisibile dei pensieri.

Credo in un solo modo di intendere la religione: Dio è Dio e gli uomini sono uomini. Senza alcuna possibilità per gli uomini di parlare per Dio, di creare in Suo nome autorevolezze infallibili e prepotenze emotive. Senza alcuna pretesa di irretire i deboli nascondendo la propria comune umanità sotto le vesti che sono state dipinte come sacre.

Credo in una sola Società fatta di rispetto per l’altro, con la consapevolezza in ogni istante che l’altro siamo anche noi, unici profeti di tale irrinunciabile valore.

Credo nella Necessità di una rivalutazione delle priorità in fatto di fede e di politica e nella netta distinzione fra esse.

Professo una sola Verità: quella che non si pone contro le minoranze nascondendosi dietro la volontà di Dio.
Amen

Perciò, parlando a nome mio e quindi perseguibile dalla legge penale, civile e canonica, ma con la dignità di chi ha il coraggio di parlare per sé, io diffido questo papa e i suoi cardinali dal millantare il volere di Dio quando sporcano il Suo nome con azioni di chiara politica e puro autoritarismo. Li esorto a parlare in nome proprio e sottoporsi, come lo stesso Cristo, al giudizio del popolo.

Auguri? No grazie, preferisco il vino.


Che l’otto marzo non sia una festa, ma l’anniversario di un gravissimo incidente sul lavoro, non è un segreto per nessuno. E ricordare che questa ricorrenza non debba essere un’occasione di consumismo mi pare pura retorica. Le strategie di marketing non possono prescindere da queste ricorrenze. E, d’altro canto, non volendo sputare nel piatto in cui mangio, non posso fare a meno di far notare che tutte le strategie di marketing partono dallo studio approfondito del consumatore e delle sue pulsioni d’acquisto. Significa che la strategia esiste in quanto esiste una predisposizione al consumo.

L’otto marzo ha per me un significato personale ed emozionale: è il giorno in cui è morta mia nonna, una donna eccezionale che mi ha insegnato (senza facile pateticità) molto più di quanto negli anni abbia appreso dalla scuola, dall’università, dai master... Era una donna forte che non ha mai parlato di femminismo, ma ha vissuto la sua vita esprimendo appieno quel concetto di ricerca di dignità umana e personale che spesso manca nella donna moderna. Troppo spesso le donne confondono la parità dignitaria con la parità fisica.

Riconoscere una fondamentale, genetica e formativa diversità fra uomo e donna è essenziale alla crescita della donna. Fino a quando non lo capiremo, lotteremo contro i mulini a vento di un’uguaglianza contro natura; ci scontreremo contro i muri di gomma di una società maschilista non solo per scelta culturale ma per ancestrale ricordo di superiorità fisica.

Il mio pensiero va alle donne mercificate che l’otto marzo come tutti gli altri giorni staranno su un marciapiede; alle donne segregate, umiliate, violentate nell’anima… Cosa cambia per loro se l’otto marzo riceviamo un bouquet di mimose?

Mi è successo Benito.

Nelle vetrine si scorgono i primi cenni della primavera. Il lilla ha addolcito il trend invernale del viola. I saldi ci sono ancora, ma si deve oltrepassare la soglia e andare a scegliere fra gli ultimi sprazzi di convenienza. E proprio là, ecco la visione: una maglia dal taglio austero ma finemente elegante. Bianca con un disegno stilizzato di forma lievemente irregolare sul davanti. Un segno nero che sembra tratteggiato a china. Ultimo pezzo della collezione. Super Saldo: euro cinquantavirgolanovanta. Un affare se si pensa che l’ho vista troneggiare in vetrina a euro duecentottanta fino a qualche settimana fa. Sono un animale da acquisto impulsivo. Non mi vedrete mai con una lista al supermercato e non saprete mai da me quanto costa un litro di latte. Deciso: compro la maglia, non posso farmi sfuggire un’occasione così. L’appoggio sulla cassa e tiro fuori la carta di credito. E qui avviene il fattaccio: mi domando che cazzo me ne faccio di un’altra maglia, penso che con cinquanta euro Benito (sì, proprio quel senzatetto là) certamente ci fa cose più utili. Domando scusa alla commessa, ripongo la maglia al suo posto, esco dal negozio ed entro in Posta, compilo il bollettino e fanculo la maglia. Benito, spero mi capirai se ho tenuto i 90 centesimi per il caffe! Le modalità per contribuire anche voi le trovate qua.

domenica 4 marzo 2007

Solidarietà, chi è costei?

Acme del pensiero è un blog che approfondisce temi di angosciante attualità con particolare attenzione ai senzatetto, una realtà che ci scivola accanto ogni istante perché il nostro distillato evolutivo ha, evidentemente, creato barriere protettive rispetto alla sofferenza. Oggi, Acme del pensiero, fa il salto di qualità e passa dal racconto ai fatti, chiedendo la solidarietà di tutti per Benito, un senzatetto di Roma che sopravvive con una pensione ridicola e riesce a malapena a barcamenarsi fra malattia e speranza di vita. Leggete qui e se avete possibilità, conoscenze, idee… contattate Morgan direttamente dal suo blog.

sabato 3 marzo 2007

Milano è solo Milano.


Tre iurn mena u vent, il vento soffia al massimo per tre giorni. Mia nonna me lo ripeteva ogni volta che mi scontravo con un dispiacere. Quanta saggezza in ciò che scambiavo per cinismo! Nessun dolore dura per sempre.

dolore dolore dolore dolore dolore dolore dolore dolor dolo dol do d … r ri rin rina rinas rinasc rinasci rinascit rinascita rinascita rinascita rinascita rinascita rinascita rinascita

Cammino fra le strade di Milano. Ci riconosciamo. Ci siamo amate oppure no. Non ritrovo le emozioni passate. Non le cerco. Sentimenti appesi al filo di una notte. Viaggi nell’anima con la vana pretesa di poterla incastrare in un sogno. Parole che parevano tatuate sulla pelle.

parole parole parole parole parole parole parole parol paro par pa p …

Cos’è la verità in amore? Non è forse quella che inizia con l’intesa di uno sguardo?, con la passione che si fa innamoramento e l’innamoramento amore e l’amore affetto e l’affetto condivisione. Quante parole spese nella ricerca di una verità condivisa! Pugnalate alle spalle di sentimenti precedentemente vissuti, ingombranti presenze per chi non è sicuro di sé, fardello del cuore per chi se li trascina dietro. I silenzi del passato sono menzogne per chi non sa amare il presente. E i silenzi tornano.

s si sil sile silen silenz silenzi silenzi silenzi silenzi silenzi silenzi silenzi silenzi

Non c'è la speranza di un incontro casuale con un passato a lungo desiderato nella contemporaneità dei pensieri dell’oggi che è già ieri. Non c’è più. È svanita con il dolore. Persa nello scorrere dei giorni cancellati, impressa nei quadri dipinti e regalati, racchiusa in un taccuino turchese che racconta le sensazioni di un viaggio, imballato con carta da pacco e spedito al passato affinché lo custodisse in un tempo che non mi appartiene più.

passato passato passato passato passato passato passat passa pass pas pa p … p pr pre pres prese presen present presente presente presente presente presente presente presente

L’aereo è affollato. L’hostess si muove con una freneticità che m’infastidisce. Scambia qualche battuta spiritosa coi viaggiatori. Palesa una nevrosi che mi irrita. Sistemo la borsa sotto al sedile. Lo stuart è giovane e inesperto, forse al primo volo. Conta i passeggeri sussurrando i numeri e accompagnandosi con il gesto della mano che ricorda una conta:

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

Do un rapido sguardo a Milano che sta in un fazzoletto. Milano è solo Milano.