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lunedì 30 luglio 2007

Quasintervista a Eleonora Buratti.


Lucia è stata una delle prime lettrici del mio Blog, quando con qualche dubbio e incertezza decisi di aprire un cassetto multicontenitore, Il cassetto delle idee libere. Le credenziali erano buone, non tanto perché condividevamo una conoscenza, quanto per il fatto di aver visto in Alberto quel qualcosa di positivo che sta sotto la scorza superficiale che lui pavoneggia in giro.

[Abo, questa te la dovevo dopo tutte le volte che ti ho trattato malissimo.]

Rimasi sorpresa nello scoprire che Lucia è Eleonora Buratti – o viceversa – perché Lucia non è un nick, è un nome [peraltro quello di mia madre, il che me lo rende particolarmente realistico] e una faccia.
Il Blog di Lucia è un e-book che romanza la quotidianità, con titoli che rievocano canzoni o espressioni che rientrano nel parlare giornaliero. Una nota di poesia che trasforma un temporale in libertà di bagnarsi sotto la pioggia, una passeggiata fra glicini e panni stesi in un giallo dai sapori antichi, l’assenza di un fonico in un momento di ribellione alla tecnologia… e il libro di Eleonora Buratti somiglia molto a quel Blog, oltre a condividerne il titolo: Il terzo desiderio.
Anche nel libro si assapora il gusto semplice del dialogo quotidiano fra due amici, per poi passare al giallo di un misterioso dipinto rubato, quindi indagare fra una Bologna che non c’è più e una Bologna che c’è, e inerpicarsi nella sensualità inaspettata dell’anziana signora Bianca.

Quasintervista a Eleonora Buratti.

Il terzo desiderio è un “libro sui buoni sentimenti”, in cui anche le tragedie vengono raccontate con la leggerezza della visione positiva. Questo arriva perfino a disorientare in un sistema che ci vuole bad boys and bad girls.
Ho sempre pensato che le “bad girls” o i “bad boys” più che “esserci” ci “facciano”. Mi spiego: non ho mai creduto alla facciata cattiva che sempre più di frequente viene mostrata. La ritengo poco autentica. L’era dei “maledetti” è finita. Ora rimane un atteggiamento, quasi una moda oserei dire. È bello giocare con il fango e rimescolare la melma delle miserie quando a mezzogiorno mangi la lasagna, viaggi in auto, indossi abiti firmati e a fine giornata ti aspetta un bagno caldo e profumato.

Dal Blog è sempre emersa una Lucia “buona”, fedele a quella suddivisione, a prima vista infantile, che nel libro spesso compare fra il buono e il cattivo.
Trovo squallidi i tentativi di costruire personaggi che cercano di attirare l’attenzione mostrando il peggio di sé e degli altri. La rappresentazione del mondo attraverso l’arte ha sempre tenuto conto di certi equilibri: il buono e il cattivo; il bene e il male; la luce e il buio. Anche nella macrobiotica, l’universo degli alimenti e delle cose della natura si suddivide in yin e jang. Un costante equilibrio e squilibrio di due forze che contrastandosi creano armonia. Esiste in musica, esiste in poesia. Lucia forse è “buona”. Non saprei. Lucia non si è creata. Lucia è.

Lo scrittore: il personaggio senza nome, con tanti nomi; senza storia, con tante storie. Le storie che osserva, attraverso lo spioncino della vita, diventano prima ancora che parole del libro che scriverà, un gioco con la vita. Quanto c’è di Lucia in questo scrittore?
Di Lucia nello scrittore c’è veramente poco. Hanno in comune solo il terzo desiderio, in ogni senso. Forse lo scrittore è ciò che Lucia non è mai stata. Pensa che io amo la tecnologia e sono stata una delle prime bolognesi a navigare su Internet quando all’università si facevano i primi esperimenti di connessione! A carte gioco bene però, come lui. E forse questo abbiamo in comune: una piccola cicatrice sotto il mento [e chi non ce l’ha? n.d.r., ma non solo].

Personalmente mi sono affezionata al personaggio più per effetto della voce narrante che per ciò che lui manifesta di sé.

Non mi stupisco. È facile amare qualcosa che ci viene raccontato. La narrazione conferisce quel valore aggiunto che azioni dirette e parole non hanno. Lo scrittore è un inconcludente, un insicuro. Forse non sarebbe possibile amarlo se non attraverso quelle parole che lo ritraggono nelle sue pose migliori.

I personaggi di un libro sono un po’ come i personaggi dei sogni freudiani: tutti riassumono un aspetto del sognatore. È per questo che, a parte Mascia, tutti gli altri personaggi conservano il loro aspetto umano? Come se a tutti fosse concessa la possibilità di essere protagonisti positivi [l’altra faccia della medaglia] in un’altra storia che la voce narrante non conosce o non ha il tempo di raccontare.
Credo di sì. I personaggi sarebbero stati protagonisti in un’altra storia, se avessi il tempo di raccontarla. E chissà che un giorno…

È chiaro leggendo Il terzo desiderio (sia la versione cartacea che quella on line) la tua passione per l’arte e, nel libro, si nota il piacere della ricerca storica, dello studio.

Gli uomini mi deludono, le loro opere no. Forse è per questo che amo l’arte. Nell’espressione artistica trovo vera bellezza, immortalità. Dalla storia, invece, rimango affascinata. Sento forte la voce del passato. Mi conforta. Il viaggio nel tempo mi gratifica quanto quello nello spazio.

La varietà delle situazioni raccontate potrebbe far pensare alla smania da “primo libro”, a quella voglia di dare voce a tutte le parole restate, per troppo tempo, rinchiuse in taccuini o custodite su fogli di fortuna che trasformano in preziosa pergamena anche il tovagliolino del bar.
Non saprei che dire. Questo romanzo è nato di getto. Annotazioni su taccuini e pergamene di fortuna non ce ne sono. Quelle appartengono allo scrittore. Io sono particolarmente distratta. Annoto nella memoria e spesso perdo parole lungo la strada, emozioni che avrei voluto fissare. Da qualche tempo, però, ho cominciato a organizzare il lavoro di raccolta materiale. Lo faccio più per senso del dovere che per altro.

Infine, una domanda interessata: cosa ne pensi di “Randagi”?
Randagi è una bella iniziativa. Spero di avere il tempo per partecipare. Per ora vado a leggermi i primi racconti che ho visto hai già pubblicato.

Il terzo desiderio, Eleonora Buratti: per informazioni