GLI ALTRI CASSETTI

sabato 30 giugno 2007

Quanta strada ancora dobbiamo percorrere?

Non è da tanto che ho ricordato Hina. Mia figlia mi ha chiesto: perché? E io non ho saputo dare una risposta. La diversità non esiste, le ho sempre detto, è frutto della nostra incapacità di capire. E io non capisco. Non capisco perché ci fossero quasi esclusivamente donne musulmane a protestare per Hina. Non capisco perché non si gridi al dolore. Sì, il dolore. Non c’è da vergognarsi a provare dolore, non è segno di debolezza ma di umanità. E c’è bisogno di umanità. Un amico mi ha scritto: ... col tempo impareremo a considerarci persone, non maschi, non femmine, persone che hanno qualcosa da raccontarsi, qualcosa da darsi…

Da Carlo, leggo: “…al processo contro i massacratori di Hina Saleem, la ragazza uccisa nei dintorni di Brescia l’11 agosto 2006 perché voleva vivere normalmente, e dunque rifiutava le regole del suo clan e della sua religione, non è stata ammessa la costituzione di parte civile da parte di un’associazione di donne musulmane. Lo trovo sconcertante: oltre a non difenderle noi (la sinistra purtroppo su questo ha molte ambiguità), non permettiamo neppure che si difendano da loro, le donne musulmane. Chi mi conosce sa che detesto le religioni (le considero strumenti di potere e d’oppressione, tutte), ma, appunto, non faccio distinzioni: oltre al cristianesimo e all’ebraismo, per dire, detesto cordialmente anche l’islam. La sinistra invece sembra fare timorose distinzioni, che personalmente non sopporto. Quando fu uccisa Hina scrissi una specie di poesia, che si trova a pag. 571 del mio libro La parola rinvenuta. Ce l’ho voluta mettere, allora, nel libro, pur sapendo che non è una «vera» poesia, ma piuttosto un discorso civile. Ma mi sembrava necessario. E mi sembra necessario anche adesso.”

Carlo Molinaro, e la poesia la potete leggere
qui.