La bionda dell’est, raggomitolata all’interno del navigatore, mi odia. Passi che, con una sei marce cabrio nuova di zecca fra le mani, ammonisce ogni timido tentativo di oltrepassare i 130 km/h con un’allerta che sa di allarme antivirus, decide di vendicarsi dell’abbandono alla velocità sul rettilineo, stranamente libero, di Caianello e mi indica un’improbabile uscita. So che non è quella che prendo di solito, ma decido di fidarmi. Sbaglio. Mi ritrovo immersa nello stereotipo partenopeo che urla dalle televisioni e dai giornali già da molti anni, ma adesso con quell’insistenza che la ciclicità mediatica scatena. Lungo tutta la rampa d’ingresso c’è pieno di spazzatura buttata con malagrazia naturale. Ma come cazzo viene in mente a uno/una di portarsi dietro da casa il sacchetto di spazzatura e poi gettarlo per strada? Cioè, mi domando: cosa pensa?
La bionda in miniatura non è soddisfatta e decide di regalarmi un tour nei quartieri spagnoli. Ora, c’avete una vaga idea di che cosa significhi girare per i quartieri spagnoli con un’Audi Cabrio nuova di zecca? Ho surfato fra moto e motorini che giungevano da tutte le direzioni (uno è uscito da una casa!), cercando di evitare ragazzini che si spostavano solo per venerazione assoluta nei confronti della dea automobile, incurante della perplessità che, inevitabilmente, mi colora l’espressione ogni volta che vedo quella Napoli così diversa da quell’altra tutta fighetta che in genere frequento. Quando finalmente io e la novella turbodiesel riusciamo ad arrivare (illese per miracolo di San Gennaro) in Piazza dei Martiri, ho la fortuna sfacciata di trovare un parcheggio. Sto per scendere quando mi si avvicina un uomo anziano e mi dice: Stateve accuort dottorè, là sotto (mi indica una stradina che parte dalla Piazza) ci sta nu garage, sient a me, valla a mettere là. Codarda come Garibaldi, obbedisco senza commentare, così mi tocca ancora un po’ di slalom fra passanti, moto e perfino qualche auto parcheggiata sul marciapiede, che comporta manovre improbabili dopo tre ore e mezza di guida e circa venti minuti di ritardo, oltre al faticosissimo ritorno su tacchi che poco si sposano con la pavimentazione.
***
Quella di Piedigrotta è “la festa”.
Guardo vecchie cartoline, fotografie in bianco e nero che immortalano i tradizionali carri e fuochi, gli attori, i cantanti, gli artisti che hanno dipinto Napoli e l’Italia agli occhi del mondo intero. Mi sento dentro una certa emozione, quasi commozione, ad avere fra le mani il progetto di un pezzo di storia di Napoli e di vederlo risorgere dopo quarant'anni.
La bionda in miniatura non è soddisfatta e decide di regalarmi un tour nei quartieri spagnoli. Ora, c’avete una vaga idea di che cosa significhi girare per i quartieri spagnoli con un’Audi Cabrio nuova di zecca? Ho surfato fra moto e motorini che giungevano da tutte le direzioni (uno è uscito da una casa!), cercando di evitare ragazzini che si spostavano solo per venerazione assoluta nei confronti della dea automobile, incurante della perplessità che, inevitabilmente, mi colora l’espressione ogni volta che vedo quella Napoli così diversa da quell’altra tutta fighetta che in genere frequento. Quando finalmente io e la novella turbodiesel riusciamo ad arrivare (illese per miracolo di San Gennaro) in Piazza dei Martiri, ho la fortuna sfacciata di trovare un parcheggio. Sto per scendere quando mi si avvicina un uomo anziano e mi dice: Stateve accuort dottorè, là sotto (mi indica una stradina che parte dalla Piazza) ci sta nu garage, sient a me, valla a mettere là. Codarda come Garibaldi, obbedisco senza commentare, così mi tocca ancora un po’ di slalom fra passanti, moto e perfino qualche auto parcheggiata sul marciapiede, che comporta manovre improbabili dopo tre ore e mezza di guida e circa venti minuti di ritardo, oltre al faticosissimo ritorno su tacchi che poco si sposano con la pavimentazione.
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Quella di Piedigrotta è “la festa”.
Guardo vecchie cartoline, fotografie in bianco e nero che immortalano i tradizionali carri e fuochi, gli attori, i cantanti, gli artisti che hanno dipinto Napoli e l’Italia agli occhi del mondo intero. Mi sento dentro una certa emozione, quasi commozione, ad avere fra le mani il progetto di un pezzo di storia di Napoli e di vederlo risorgere dopo quarant'anni.