…intanto le gambe vanno più che bene, soprattutto se si tratta di politica e se la politica si prostituisce alla Tv aprendo la strada a un nuovo Grande Fratello Nazionale che ci regalerà (a noi italiani) una nuova fasulla piazza dove raccontare i fatti nostri, dove selezionare accuratamente domande, risposte e problemi di rilevante e univoco interesse.
Antonio Vergara, La Tv della Libertà
Ora, qualcuno potrebbe dire: Ingenua Assu, è da mo’ che la politica si è prostituita alla Tv! A ben riflettere, tuttavia, qualcun altro potrà convenire con la sottoscritta che con la TV della Libertà si è oltrepassato il limite giungendo incontestati e perfino ammirati alla spettacolarizzazione del rimasuglio ideologico di questo Paese (il mio, il nostro) e alla consacrazione del falso come verità assoluta. D’altro canto, ci hanno rubato i colori e l’orgoglio istituzionali, i colori e i payoff dell’orgoglio sportivo, il sentire più profondo che è la libertà. Ci rimaneva solo la nostra espressione variamente tradotta nelle chiacchiere da bar, da piazza e da muretto.
Ed ora non abbiamo più niente. Teniamoci la Brambilla e le sue gambe da urlo. Forse, in fondo, è ciò che ci meritiamo. Solo una richiesta a questo punto: si finisca di rompere con la storia che la pubblicità strumentalizza la donna. Grazie.
Qualcuno ricorderà il saggio di Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela. Mutuando la sintesi di Daniela Brancati, ne La pubblicità è femmina ma il pubblicitario è maschio: le donne sono state il primo strumento di scambio fra i gruppi, la prima moneta di cui per i maschi era comune ed evidente il valore, esse sono state anche la prima parola, il primo segno che ha permesso la comunicazione.
Antonio Vergara, La Tv della Libertà
Ora, qualcuno potrebbe dire: Ingenua Assu, è da mo’ che la politica si è prostituita alla Tv! A ben riflettere, tuttavia, qualcun altro potrà convenire con la sottoscritta che con la TV della Libertà si è oltrepassato il limite giungendo incontestati e perfino ammirati alla spettacolarizzazione del rimasuglio ideologico di questo Paese (il mio, il nostro) e alla consacrazione del falso come verità assoluta. D’altro canto, ci hanno rubato i colori e l’orgoglio istituzionali, i colori e i payoff dell’orgoglio sportivo, il sentire più profondo che è la libertà. Ci rimaneva solo la nostra espressione variamente tradotta nelle chiacchiere da bar, da piazza e da muretto.
Ed ora non abbiamo più niente. Teniamoci la Brambilla e le sue gambe da urlo. Forse, in fondo, è ciò che ci meritiamo. Solo una richiesta a questo punto: si finisca di rompere con la storia che la pubblicità strumentalizza la donna. Grazie.
Qualcuno ricorderà il saggio di Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela. Mutuando la sintesi di Daniela Brancati, ne La pubblicità è femmina ma il pubblicitario è maschio: le donne sono state il primo strumento di scambio fra i gruppi, la prima moneta di cui per i maschi era comune ed evidente il valore, esse sono state anche la prima parola, il primo segno che ha permesso la comunicazione.