Da più parti mi sono arrivati messaggi, link, altro… che invitavano ad assistere in prima fila all’esecuzione di Saddam. Non ho guardato il filmato. Trovo atroce la spettacolarizzazione della morte. L’uomo è l’unico primate che, uccidendo e torturando membri della propria specie ne trae soddisfazione. Penso che una dose di responsabilità l’abbia soprattutto il media tv. Sicuramente la responsabilità di non aver saputo interpretare il dolore. Siamo di fronte alla massificazione dei sentimenti: amore, odio, dolore…tutto è parte di un interminabile show. Non c’è tempo per assaporare la gioia, non c’è tempo di metabolizzare un lutto. Tutto scorre secondo il ritmo commerciale del palinsesto.
Ho vissuto la guerra in Iraq come un fatto personale e forse per questo non riesco a vedervi solo numeri e show. I numeri sono soldati morti: figli, padri, mariti, fratelli, amici, colleghi…e madri, sorelle, figlie, amiche… e bambini e bambine, scolari, festosi piccoli uomini e piccole donne che dovrebbero rubare la cioccolata e rincorrere uno stupido pallone da calciare. Non dovrebbero essere corpi trucidati, senza vita, senza più sogni, speranze.
Nessuno ha il diritto di togliere la vita a un altro essere umano. E non posso pensare di essere spettatore di un’esecuzione, quand’anche si tratti di una morte spesso augurata, spesso anelata, spesso considerata fondamentale.