Rischio di andare in loop, lo so, ma alcune spiegazioni le voglio dare.
In molti, anche – anzi soprattutto – gente che non conosco, mi hanno scritto in privato chiedendomi se dietro questo progetto ci sia qualcosa di più. Nessuno osa fare la domanda direttamente, ma ho capito (sono una tipa sveglia!) che ciò che si cela dietro le righe è il dubbio – o forse speranza – di una patinatura. La risposta è no. Parole per sé non ha la pretesa di diventare un libro di carta, ma un book virtuale che raccolga una moltitudine, il più possibile vasta, di frammenti di vita. Questo per un motivo fondamentale: sono profondamente persuasa che la rete sia il futuro della letteratura, del giornalismo e perfino dell’insegnamento e di molte altre attività professionali. Un book virtuale ha due vantaggi immediati: uno per lo scrittore (che nel caso di Parole per sé è multiplo) e consiste nella velocità di pubblicazione e nella possibilità di far sentire la propria voce confrontandosi direttamente con il suo pubblico, l’altro per il lettore che ha la possibilità di interagire ed evolversi da personaggio indotto a protagonista diretto e a scrittore esso stesso, attraverso la produzione di altri contenuti. Quindi, a questi vantaggi se ne aggiunge un terzo: la possibilità di superare il limite della finitezza e riempire gli spazi emozionali che, inevitabilmente, ogni racconto lascia.
Altro punto molto discusso, in privato, è legato alla decisione di chiudere i commenti sul blog Parole per sé. Qualcuno, che non rientra fra i miei lettori abituali – lo dico per trasparenza e con orgoglio – mi ha perfino accusata di voler imitare Babsi Jones. Che dire? Non è così, tanto più che l’idea è nata prima che, a seguito della ormai nota lettera al commentatore generico si diffondesse nell’etere la polemica circa il commento sì e il commento no. La decisione è stata determinata da un senso di profondo rispetto nei confronti di chi invia il proprio contributo. Qualcuno, come il già pubblicato Francesco, preferisce l’anonimato e ritengo sia una scelta da rispettare. Lo scopo di questo progetto non è creare imbarazzo, ma stimolare il dialogo con se stesso. Chi deciderà di pubblicare su Parole per sé, potrà inserire un link sul proprio blog e aprire i commenti in quella sede. Questo, secondo me, risponde a due esigenze fondamentali: da un lato il rispetto delle emozioni, d’altro lato contribuire, assieme, a costruire la rete, cercando di far risorgere dalle proprie ceneri l’interazione intelligente e la vivacità espressiva.
Infine, a chi ha proposto di creare un sistema di voto del racconto rispondo con la stessa arroganza di cui sono stata accusata in privato: sciò, sciò…vai via, non sei il benvenuto. Resta chiuso nel tuo polmone catodico, con il pollice attaccato alla minuscola tastiera del tuo cellulare, continua a votare il tuo eroe preferito, ma non qua. (Questa è la diarrea di cui scrivevo qua.). La tua strada sarà sicuramente affollata, ma senza me.
In molti, anche – anzi soprattutto – gente che non conosco, mi hanno scritto in privato chiedendomi se dietro questo progetto ci sia qualcosa di più. Nessuno osa fare la domanda direttamente, ma ho capito (sono una tipa sveglia!) che ciò che si cela dietro le righe è il dubbio – o forse speranza – di una patinatura. La risposta è no. Parole per sé non ha la pretesa di diventare un libro di carta, ma un book virtuale che raccolga una moltitudine, il più possibile vasta, di frammenti di vita. Questo per un motivo fondamentale: sono profondamente persuasa che la rete sia il futuro della letteratura, del giornalismo e perfino dell’insegnamento e di molte altre attività professionali. Un book virtuale ha due vantaggi immediati: uno per lo scrittore (che nel caso di Parole per sé è multiplo) e consiste nella velocità di pubblicazione e nella possibilità di far sentire la propria voce confrontandosi direttamente con il suo pubblico, l’altro per il lettore che ha la possibilità di interagire ed evolversi da personaggio indotto a protagonista diretto e a scrittore esso stesso, attraverso la produzione di altri contenuti. Quindi, a questi vantaggi se ne aggiunge un terzo: la possibilità di superare il limite della finitezza e riempire gli spazi emozionali che, inevitabilmente, ogni racconto lascia.
Altro punto molto discusso, in privato, è legato alla decisione di chiudere i commenti sul blog Parole per sé. Qualcuno, che non rientra fra i miei lettori abituali – lo dico per trasparenza e con orgoglio – mi ha perfino accusata di voler imitare Babsi Jones. Che dire? Non è così, tanto più che l’idea è nata prima che, a seguito della ormai nota lettera al commentatore generico si diffondesse nell’etere la polemica circa il commento sì e il commento no. La decisione è stata determinata da un senso di profondo rispetto nei confronti di chi invia il proprio contributo. Qualcuno, come il già pubblicato Francesco, preferisce l’anonimato e ritengo sia una scelta da rispettare. Lo scopo di questo progetto non è creare imbarazzo, ma stimolare il dialogo con se stesso. Chi deciderà di pubblicare su Parole per sé, potrà inserire un link sul proprio blog e aprire i commenti in quella sede. Questo, secondo me, risponde a due esigenze fondamentali: da un lato il rispetto delle emozioni, d’altro lato contribuire, assieme, a costruire la rete, cercando di far risorgere dalle proprie ceneri l’interazione intelligente e la vivacità espressiva.
Infine, a chi ha proposto di creare un sistema di voto del racconto rispondo con la stessa arroganza di cui sono stata accusata in privato: sciò, sciò…vai via, non sei il benvenuto. Resta chiuso nel tuo polmone catodico, con il pollice attaccato alla minuscola tastiera del tuo cellulare, continua a votare il tuo eroe preferito, ma non qua. (Questa è la diarrea di cui scrivevo qua.). La tua strada sarà sicuramente affollata, ma senza me.