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domenica 4 febbraio 2007

Vergogna italiana.


Attenzione, è facile, in questi momenti generalizzare. È estremamente facile, e non fa bene a nessuno.
Una conoscente catanese mi ha scritto una lettera molto accorata che mi ha fatto riflettere parecchio sulla superficialità con la quale, troppo spesso, affrontiamo le emergenze. Una superficialità che ci porta a non indagare le fonti, a prendere per buono tutto quello che ci viene propinato dai telegiornali e da giornalisti più o meno schierati da una parte o dall'altra, a seconda che mangino nel piatto della "cronaca nera" o delle "pagine sportive".
Caterina mi ha scritto del dolore della città, del lutto nel cuore di cui non si parla. E le motivazioni sono facilmente riscontrabili nella ratio di quanto è accaduto che è stato erroneamente catalogato come "attaccamento malato per la propria squadra", mentre avrebbe dovuto essere indagato nel suo significato più profondo, e che più profondamente addolora i catanesi, di "attentato alle forze dell'ordine".
Lo sdegno che da più parti giunge è sicuramente condivisibile. Ma è condiviso, mi precisa Caterina, da ogni catanese onesto e dovrebbe indirizzarsi, assai più correttamente, verso le amministrazioni comunali e, soprattutto, verso chi ne è a capo che ha consentito, a poche ore dal funesto evento, che nello stesso luogo si tenesse il regolare svolgimento del mercatino rionale del sabato.
Da più parti, inoltre, si è commentato circa il regolare svolgimento della festa di Sant'Agata, amata patrona della città. Non sono mancati commenti da parte di personaggi dello spettacolo, come Pippo Baudo. Non sono mancati commenti su blog, anche di pseudo giornalisti catanesi che hanno affermato che il lutto cittadino si è tradotto nella cancellazione della gara podistica e della sfilata dei carri, mentre si sono regolarmente sparati i tradizionali botti.
Caterina mi scrive che, dal 2 febbraio, le candelore sono ferme. Che stamani, all'apertura della festività, nel Duomo di Catania ha regnato il silenzio. Un silenzio che ritengo colmo di significato, colmo di dolore per la perdita di un uomo ma anche per l'ennesima tacca che si aggiunge alla intollerante etichetta di criminali, senza distinzione, senza possibilità di scampo. Un silenzio che ha accompagnato la processione. Un lutto nel cuore che ha smesso di essere urlato perché verrebbe, come sempre, tacciato di aggressività, visto come conseguenza diretta di una società siciliana mafiosa che, inevitabilmente, riguarda tutti i siciliani. Senza possibilità di difesa. Un lutto da custodire nel cuore.
Il silenzio che mi racconta Caterina è disarmante: niente fuochi, nessuna ballata di candelora, nessun canto neppure religioso. È un silenzio rassegnato di un popolo che non ce la fa più di essere definito mafioso e criminale. Senza possibilità di distinguo. La Catania della vergogna piange in silenzio, emarginata dal resto degli italiani. Non è questo che mi attendo. Non è questo che dovremmo attenderci.
Né mi accontenterei di una punizione calcistica. La squadra ha giocato dignitosamente e a nulla servirebbe riportarla in serie C. Dobbiamo prendere atto - i nostri politici devono farlo, le società sportive devono farlo - che al banco degli imputati non c'è il calcio ma il Sistema Italia incapace di garantire sicurezza ai propri cittadini.