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sabato 3 febbraio 2007

Amore. Oppure no.

Scorrendo fra i blog, senza troppa sorpresa, vado in overdose d’amore.
Come cantava Tenco: ...Chi ha dall'amore i suoi giorni più belli, chi invece vi trova solo disperazione. Chi fa dell'amore la cosa più grande, chi, invece lo vede soltanto come un gioco.

Indiscutibilmente, i topic che hanno una maggiore partecipazione (misurata dai commenti postati), sono quelli che smielano gocce di amore. È facile osservare come ognuno abbia qualcosa da aggiungere.
Constato, tuttavia e con altrettanta facilità, che, sovente, è completamente assente la consapevolezza delle proprie emozioni, così come le creiamo. Di qui a una assoluta perdita di significato della parola “amore” il passo è relativamente breve. Così, l'amore è talvolta confuso con il desiderio (ti amo, intendendo ti voglio); talvolta confuso con l’attaccamento (amo la mia squadra); talvolta confuso con l’identificazione e il senso di appartenenza (amo la mia città); talvolta confuso con la dipendenza (amo fumare); talvolta confuso con l’affetto (amo mia madre invece di voglio bene a mia madre).
A differenza di altre lingue, l'italiano ci consente di diversificare le emozioni, eppure usiamo, abusiamo, stupriamo e volgarizziamo l’amore ogni giorno. “I love” è una scelta obbligata, ma “amo” no.
Forse se imparassimo a usare le parole giuste, l’amore non risulterebbe così inflazionato e non parrebbe, neppure ai più razionali, una sovrafetazione mentale. Avrebbe il suo specifico ambito e vi sapremmo giungere con maggiore serenità e leggerezza. Soprattutto, con la consapevolezza che l’amore è incondizionato e si muove dall’interno verso l’esterno e non dall’esterno verso l’interno.