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domenica 11 febbraio 2007

Se Dio votasse, voterebbe destra.


In Italia si nasce cristiani, e principalmente cattolici. In epoche politiche di predominio democristiano la Chiesa era “il tutto”. La maggioranza votava “croce su croce”, persuasa di compiere oltre al proprio dovere di cittadino (spesso dimenticando che si tratta prima di tutto di un diritto), anche il proprio dovere di cristiano, assicurando alla Chiesa la sua totalità sul controllo delle emozioni e delle azioni. In quell’epoca, d’altronde era ben chiara la distinzione fra destra e sinistra e i due grandi partiti si misuravano anche dalla dichiarata introiezione, o meno, dei principi cristiani: a destra i democristiani, a sinistra i comunisti. Nell’epoca delle grandi coalizioni questa distinzione si è andata affievolendo. Il rimpasto politico, caduti i Grandi Nemici, ha creato una promiscuità disorientante. La Chiesa si è trovata ad essere non più “il tutto”, ma “parte” del tutto, senza una maggioranza nella quale tradurre il proprio codice e i propri precetti. In minoranza. Una minoranza dalla quale è necessario uscire non più nell’ombra dei corridoi vaticani ma in prima linea, attaccando il Governo non sul sistema dei valori ma, direttamente, sui disegni di legge.
Di qui il dubbio: si può, in Italia, essere cristiani/cattolici e votare sinistra? La libertà e la democrazia che sono il fondamento della nostra Repubblica, suggerirebbe una risposta positiva. Ma è così che la pensa il Vaticano? Non mi pare giacché risulta evidente l’intento di creare “alleanze privilegiate” con le nuove forze di destra berlusconiana che non avendo una tradizione di pensiero la mutuano dalla Chiesa, che in cambio reclama il suo ruolo di “tutto” e apre un fronte religioso nella battaglia politica italiana. Il Verbo si volgarizza e il progetto cristiano si trasforma in progetto riformista, che può diventare partito. E poco importa se questo significa trasformare la fede in ideologia.