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venerdì 13 luglio 2007

Facendo di conto da Nord a Sud. (Titolo alternativo: Caccia al terrone. Oppure: Chi è veramente il terrone?)

pubblicato su MC


Amato sì, Amato no.
Come temevo tutto si è tradotto in un’annosa discussione su terroni e polentoni, quando invece c’era ben altro da indagare: la delinquenza intellettuale di chi pretende di parlare in nome di Dio, la presa di posizione nei confronti di un pensiero di superiorità/inferiorità genericamente diffuso che non sempre si traduce in violenza ma tende spesso a surfare fra convinzioni consolidate, l’incapacità dei politici di prendere posizioni ferree inquadrando il problema e dando (quantomeno bozze di) soluzioni.

Ma veniamo ai terroni.

Oggi ho fatto velocemente due conti. Ho vissuto:
- per il 52% a Parma
- per il 14% nel Gargano
- per il 12% a Milano
- per il 10% a La Spezia
- per il 12% in giro (c.a. 70% Nord-30%Sud)

Quindi complessivamente c.a. l’85% al Nord e il restante 15% al Sud.
Ma.
Ma sono nata in Puglia, nell’entroterra del Gargano, paese di mafia rurale.
Quindi.
Quindi sono al 100% terrona. In quanto tale: gradisco prendere calci in faccia e preferibilmente in pancia se sono incinta; al comando del masculo porto l’acqua a tavola; mio padre è un troglodita che picchia, o alla meno peggio, non rispetta mia madre.
Ma.
Ma così non è.
Poi.
Poi c’ho due aneddoti.

Il primo me lo ha raccontato Piero, il mio ex suocero (toscano toscano).
Un suo conoscente (ravennese ravennese) alla moglie (bolognese di adozione ravennese): ...prendi l’acqua, prendi il pane, servi il pollo, prendi un altro bicchiere…
Piero: M. ma lascia che stia un po’ tranquilla.
Il conoscente: Perché? È il suo lavoro!
Commento di Piero: Che terrone, M.!

Il secondo mi è capitato direttamente.
Un'amica (parmigiana parmigiana) viene a trovarmi a Pescara (dove attualmente vivo) e andiamo a mangiare in un ristorante suggeritomi per il pesce. Arriva il cameriere e io gli chiedo di esporci i due menu, a base di pesce per la mia amica, rigorosamente non a base di pesce per me ché sono allergica.
Il cameriere ammiccante: Sei allergica al pesce, eh!
Io per nulla compiacente: Sì, mi dica le alternative, per cortesia.
Il cameriere: (…) sorvolo sulla battuta.
La mia amica: Che terroni questi pescaresi!
Qualche giorno dopo, racconto l’aneddoto ad un paio di conoscenti (pescaresi pescaresi).
Una delle due: Sicuramente non era pescarese, sarà stato uno di quei terroni pugliesi.
Io: Sai vero che io sono pugliese?
L’altra: Nooo, tu sei parmigiana.
Quella di prima: Potrebbe anche essere calabrese, qui ce ne sono parecchi!
L’altra: Per me è un albanese.

Sintesi: per qualcuno siamo sempre dei terroni.

Tutto questo per dire: ma perché non impariamo, da individui intelligenti quali siamo, a parlare di persone? Non milanesi e siciliani, non terroni e polentoni, non maschi e femmine e (azzardo) non adulti e adolescenti, ma persone. Persone, porcaccialamiseria!