GLI ALTRI CASSETTI

martedì 31 luglio 2007

Libere di essere donne.

In un altro blog si è accidentalmente ripresa la discussione su questo mio post.
Marassi, che per motivi tecnici non riesce a postare commenti sul mio blog [oramai ci sono affezionata a blogspot, ma devo valutarne l’effettiva funzionalità] mi ha risposto così:
In linea di principio potrei anche condividere gran parte delle considerazioni fatte da Assu ma semplicemente perché fin troppo ovvie e scontate.
Quanto raccontato, con tanto di considerazioni sulla doppiezza moralista di chi poi è contemporaneamente censore e cliente delle prostitute, fa parte a pieno titolo di quel senso comune che a suo tempo Boudelaire amava definire "betìse" e che oggi intasa quotidianamente tutti i canali televisivi di intrattenimento pomeridiano.
In quanto alla generica affermazione sui maschi che tu
[si riferisce a Laura Costantini, n.d.r.] riprendi nell'ultimo commento, fa il paio con le altrettanto generiche affermazioni che certi maschi fanno abitualmente sulle femmine.Non nego che statisticamente i maschi tendano a conservare tutti i benefici vetero-sciovinisti della cultura dominante.
Ma a parte il fatto che, in un maschio, un atteggiamento emancipato non corrispondente a una reale intima percezione si riconosce lontano un miglio. Va anche detto che assolutizzare una valutazione del genere come fa Assu, raccogliendo peraltro anche il tuo consenso
[si riferisce a Laura Costantini, n.d.r.], può essere o l'indizio di una scarsa propensione alla logica statistica oppure il retaggio di cattive frequentazioni in campo maschile.
Nel secondo caso mi dispiacerebbe molto per voi, ma attribuirei la colpa alla sfortuna più che alla genetica.
Ti rispondo qui.

Finché l’ovvio si scontrerà con l’ignoranza, sarà necessario parlarne. Ignoranza che, spesso, non è degli uomini ma delle donne. Fino a quando queste non avranno chiara l’opportunità di costruire e resteranno legate a schemi mentali vecchi quanto il mondo e si vedranno come “parte completante di un uomo”, non ci sarà nuova storia. Ma è anche degli uomini, ancorati a una visione di superiorità che sembra scritta nel DNA (ma così non è).
Personalmente mi preoccuperei più del tessuto sociale-lavorativo che delle donne nude in televisione che tu vai a guardare, e io, invece, ignoro ché sono ben altri i miei obiettivi. La dignità sta nella testa e non nelle mutande. Tu non l’hai scritto – è vero – ma come posso interpretare questo tuo post? E, comunque, una riflessione parallela s'impone: dove è scritto che sia vietato a una donna mostrare il proprio corpo? In quale cultura se non in quella puramente maschilista (che non è solo degli uomini)? La donna non è cosa vostra, da ammantare ed esibire a piacimento, da coccolare e sgridare, da lodare per virtù che voi le avete attribuito e ricondurre sulla retta via. Con quale diritto si sancisce che non sia “buon costume”? Con quello canonico che prima fa della donna la bestia dell’uomo e poi l’innalza a vergine eterna? Con quello laico (se di laicità potremo mai parlare senza ipocrisia nel nostro Paese) che riconosce diritti mantenendo il potere nelle mani degli uomini? Con quello naturalistico che sancisce una femminilità cucita addosso alle donne e dalla quale queste non riescono a distaccarsi (per stupidità, molto spesso)? Con quale diritto?
Dov’è esattamente l’errore secondo te? Io ce l’ho un’idea, ma vorrei il tuo punto di vista ché mi pari così determinato a confondere la logica statistica con la banalità del luogo comune del “non siamo tutti uguali” che si cela, neppure troppo velatamente, in quell’invito a considerare il parco maschi conosciuto. Personalmente lo leggo come una difesa: ehi, donnicciole che vaneggiate, io non sono così! E come sei tu? Come sei tu che giudichi e ti scandalizzi di fronte a quello zapping che evidentemente non ti lascia indifferente. Come sei tu? Non stai forse attribuendo alle donne la “perdita di valori”? Quali valori, poi!
Quindi, gentilissimo xy, scendi dal piedistallo perché a differenza di te a me non mi scandalizza un corpo nudo, né anelo a interpretare il ruolo di moralizzatore nella prossima edizione de “Le Iene”. Parli di logica [condivido l’abbozzo di tentativo razionalizzante] ma poi cadi nel già sentito che puzza di stantio. E se ritieni ch’io debba ammantarmi per essere donna, ti rispondo che non me ne frega essere donna come tu vuoi.
A me interessa essere persona capace di pensare, produttiva, sufficiente a me stessa, in grado di dare da vivere alla mia prole che non sarei disposta a sacrificare sull'altare se chiamata da un qualunque dio, ché non c'ho da dimostrare di poterne fare a meno. Quello è già diritto conquistato. Non ho bisogno di un dio.
A me non me ne frega nulla della femminilità come tu la intendi, io sono avanti già di qualche miglio [non è tanto, ma è qualche centimetro conquistato con la fatica del mio lavoro e del mio pensare e ne vado fiera]. Non ho tempo per la tua - probabilmente inconsapevole - guerra alle donne. È cosa tua, non mi appartiene più. Io sono diretta verso il cambiamento. È quella la mia meta. Le donne lo capiranno, e quando l’avranno capito la smetteranno di farsi costruire dagli uomini le quote rosa per concedere loro un’altra occasione di essere trombate. Lo capiranno e la smetteranno di limitarsi a mostrarsi e di cercare il compagno a cui essere devote e, piuttosto, cercheranno un compagno con cui condividere, alla pari, sconfitte, onori e glorie. Quando lo capiranno, la smetteranno di farsi assorbire da un sistema maschile e saranno finalmente libere di essere donne.