Copioeincollo.
Il primo fu un regalo di un amico. E’ un romanzo di Jay McInerney, Le mille luci di New York :
"Tu non sei esattamente il tipo di persona che ci si aspetterebbe di vedere in un posto come questo a quest'ora del mattino. e invece eccoti qua, e non puoi certo dire che il terreno ti sia del tutto sconosciuto, anche se i particolari sono confusi. Sei in un nightclub e stai parlando con una ragazza rapata a zero. Il locale è lo Heartbreak oppure il Lizard Lounge. Tutto diventerebbe più chiaro se potessi fare un salto in bagno a sniffare una bella riga di Tiramisù Boliviano. Una vocina dentro di te insiste che questa epidemica mancanza di chiarezza è già il risultato di un eccesso di biancolina. La notte ha ormai girato quell’impercettibile chiavetta con cui si passa dalle due alle sei del mattino. Tu sai benissimo che il momento è arrivato e passato, ma non sei ancora disposto ad ammettere di aver superato il limite…”
Il secondo lo trovai nella biblioteca della scuola. Fu il mio primo amore fatto di pagine e parole. E’ di Pasquale Festa Campanile, La ragazza di Trieste:
“Nessuno l’aveva vista entrare in acqua. L’uomo che disegnava sul terrazzino di legno, davanti al bar, guardava ogni tanto pigramente verso la spiaggia, ma aveva notato solamente il maglione rosso e la giacca a vento azzurra dei due ragazzi stesi qualche metro più sotto. Il suo occhio era attratto dai colori e dalle linee: dall’intensità di quel rosso e quell’azzurro nel grigio uniforme della sabbia; e dalla riga delle nuvole, grigie anch’esse sul diverso grigio dell’acqua, tirate all’orizzonte su una striscia sottile di cielo giallastro. Il ragazzo dal maglione rosso si alzò in piedi d’improvviso e agitò il braccio verso il largo, gridando. Un bagnino che lavorava dietro le capanne chiamò un compagno. Insieme, di corsa, i due uomini rimisero per il suo verso un pattino capovolto e lo spinsero in mare.”
Il terzo è una pietra miliare della letteratura del secolo scorso. Lo trovai fra i libri di mia madre. E’ di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini:
“La tomba era grande, massiccia, davvero imponente: una specie di tempio tra l’antico e l’orientale, come se ne vedeva nelle scenografie dell’Aida e del Nabucco in voga nei nostri teatri d’opera fino a pochi anni fa. In qualsiasi altro cimitero, l’attiguo Camposanto Comunale compreso, un sepolcro di tali pretese non avrebbe affatto stupito, ed anzi, confuso nella massa, sarebbe forse passato inosservato. Ma nel nostro era l’unico. E così, sebbene sorgesse assai lontano dal cancello d’ingresso, in fondo a un campo abbandonato dove da oltre mezzo secolo non veniva sepolto più nessuno, faceva spicco, saltava subito agli occhi.”
Il quarto mi ha fatto versare lacrime fin dalle prime pagine. Lei l’adoro. Lei è superba. Inimitabile. Lei è Margherite Duras, e il libro L’amante:
“Un giorno, ero già avanti negli anni, in una hall mi è venuto incontro un uomo. Si è presentato e mi ha detto: “La conosco da sempre. Tutti dicono che da giovane lei era bella, io sono venuto a dirle che la trovo più bella ora, preferisco il suo volto devastato a quello che aveva da giovane.”
Penso spesso a un’immagine che solo io vedo ancora e di cui non ho mai parlato. E’ sempre lì, fasciata di silenzio, e mi meraviglia. La prediligo fra tutte, in lei mi riconosco, m’incanto.
Presto fu tardi nella mia vita. A diciott’anni era già troppo tardi. Tra i diciotto e i venticinque anni il mio viso ha deviato in maniera imprevista. Sono invecchiata a diciott’anni. Non so se succeda a tutti. Non l’ho mai chiesto.”
L’ultimo è il primo. Il mio primo romanzo. La pubblicazione di un lungo lavoro di ricerca fuori e dentro di me. Il frutto dei miei pomeriggi ricurvi sulla tastiera di un computer. Eleonora Buratti, Il terzo desiderio:
“L’estate era finita e nel giardino trasandato della vecchia signora Cantelli i colori brulli dell’autunno si erano lentamente sostituiti al verde della vegetazione, cresciuta rigogliosa e indisturbata per il caldo straordinario. Il tiglio aveva smesso di fiorire e il freddo annunciava l’arrivo della brutta stagione. La sera calava ogni giorno più in fretta e le nebbie delle pianure circostanti formavano un anello intorno alla città che spesso si spingeva anche fino a quella zona di periferia. La donna, seduta davanti al suo cavalletto, stava abbozzando il soggetto di un nuovo dipinto quando decise che era giunto il momento.”