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venerdì 25 maggio 2007

La Bologna di via Stalingrado.


Era da un po’ di anni che non restavo qualche giorno a Bologna, città che custodisce i ricordi intimi di nottate al ritmo del jazz o, semplicemente, a tessere parole che mi restano addosso come marchio indelebile di un sogno che adesso ha sedici anni e mezzo e mi guarda con due occhi neri nei quali riconosco i tratti inconfondibili della mia vita.
Bologna che da bambina sentivo raccontare da mia cugina che vi si era trasferita per studiare medicina e che immaginavo parte del mio futuro. Bologna che ho ritrovato nella sua immensità e con grande orgoglio negli studi di Storia del Diritto italiano e Filosofia del Diritto, come culla della cultura universitaria. Bologna che sto leggendo fra le righe delicate del libro di Lucia.

Bologna che mi rifiuto di accettare nelle parole dure, ma atrocemente vere, difficili da smentire, del direttore della divisione europea della multinazionale che seguo come consulente.
David non è un bacchettone. Giovane, in gamba, intelligente, di bell’aspetto, a capo della divisione europea di una multinazionale fra le poche ad avere una maggioranza azionaria italiana, con una centrale marketing che dall’Italia dirige, oltre all’Europa, anche America, Cina, Russia...
Di Mondo e di Vita, David ne ha visti parecchio, eppure, con il suo affascinante accento spagnolo e quell’italiano sempre incerto sia per i castigliani che per i catalani, attraversando via Stalingrado, quasi con il nodo in gola ha detto: Non è bello! Non è per nulla bello tutto questo.
David si riferiva all’enorme quantità di ragazzine dai quindici ai vent’anni che dalle primissime ore del pomeriggio popolano via Stalingrado, con i loro abiti succinti e i rossetti dai colori accesi.
Non è la solita visione moralista che, di tanto in tanto, ci hanno abituati a subire. È una visione che misura la capacità di una grande città italiana di curare la propria immagine di fronte al Mondo.
In via Stalingrado oltre alle fanciulle in vendita c’è la Fiera, con il suo ingresso principale, che ospita, in varie occasioni, brand internazionali e il relativo management. Per questi direttori di marketing, account, operatori di grandi filiere che provengono da tutto il Mondo, l’impatto con Bologna è davvero disastroso.