Accade (mi accade) dopo un periodo di assenza dal blog di avere tanto da scrivere. In questi giorni, inoltre, sono cambiate molte cose, a cominciare dalla crisi di Governo. Un male italiano al quale non ho voglia di rassegnarmi perché parto dal presupposto che la politica non è “cosa altra”: la politica siamo noi.
Fra le tante cose che vorrei scrivere, ne scelgo una che ritengo fondamentale: la sicurezza sul lavoro.
Ho ricevuto, oggi, una mail da Marco Stancati, direttore centrale della comunicazione Inail. Conosco piuttosto bene Marco. Con lui ho avuto il piacere di lavorare gomito a gomito, ma anche di discutere in modo franco, intelligente, innovativo, le tematiche sulla sicurezza, che, troppo spesso, assurgono al mero ruolo di “musa” momentanea di variopinti pezzi di cronaca e, troppo raramente, si pongono alla base di un progetto di informazione capillare, condivisa, mirata alla creazione di una “cultura della sicurezza”.
Marco invia, a me e ad altri, il link a un filmato postato su youtube e scrive: «Se lo ritenete un buon messaggio, fatelo circolare.»
Io credo che quello che Inail propone sia un buon messaggio. E lo credo per due motivi fondamentali: il primo è che, coerentemente con ciò di cui sono fortemente convinta, si focalizza l’attenzione sulla persona e sul suo impegno individuale nella cura di sé; il secondo è che si pone l’accento sulla necessità che la sicurezza sia parte della propria esistenza sin dai primi anni di vita. Perché, citando la head di una studentessa della quale, ahimè, non ricordo il nome: La sicurezza è vita.
Fra le tante cose che vorrei scrivere, ne scelgo una che ritengo fondamentale: la sicurezza sul lavoro.
Ho ricevuto, oggi, una mail da Marco Stancati, direttore centrale della comunicazione Inail. Conosco piuttosto bene Marco. Con lui ho avuto il piacere di lavorare gomito a gomito, ma anche di discutere in modo franco, intelligente, innovativo, le tematiche sulla sicurezza, che, troppo spesso, assurgono al mero ruolo di “musa” momentanea di variopinti pezzi di cronaca e, troppo raramente, si pongono alla base di un progetto di informazione capillare, condivisa, mirata alla creazione di una “cultura della sicurezza”.
Marco invia, a me e ad altri, il link a un filmato postato su youtube e scrive: «Se lo ritenete un buon messaggio, fatelo circolare.»
Io credo che quello che Inail propone sia un buon messaggio. E lo credo per due motivi fondamentali: il primo è che, coerentemente con ciò di cui sono fortemente convinta, si focalizza l’attenzione sulla persona e sul suo impegno individuale nella cura di sé; il secondo è che si pone l’accento sulla necessità che la sicurezza sia parte della propria esistenza sin dai primi anni di vita. Perché, citando la head di una studentessa della quale, ahimè, non ricordo il nome: La sicurezza è vita.
La sicurezza è una cultura da indossare come una seconda pelle. E questo va spiegato alla persona prima ancora che entri nel mondo del lavoro, prima che sia un “lavoratore”. Solo la consapevolezza “a priori” può alimentare il “coraggio sociale” di dire no alle condizioni di “non sicurezza” che ci portano a contare le morti bianche facendo scorta di dita, ché quelle delle nostre mani non sono sufficienti.